In Ticino quasi un’azienda agricola su quattro è certificata come biologica: secondo gli ultimi dati del 2022, fornitici da Bio Ticino, la quota si attesta infatti al 23,2%, facendo segnare un’ulteriore crescita rispetto al 2021 (22,1%). La media svizzera è del 17,3%. “Ogni anno in Ticino sono circa 5-6 le aziende che iniziano la conversione, un processo che dura due anni. Dal 2015 la crescita delle aziende biologiche nel nostro cantone è stata del 36%” ci spiega Valentina Acerbis-Steiner dell’associazione Bio Ticino.
In un confronto intercantonale il Ticino, con la sua quota, si piazza piuttosto bene: è infatti al quinto posto. Fanno meglio (dati 2021) soltanto Glarona con il 29,8%, Obvaldo (33,9%), Basilea Città (50% ma su un numero ridottissimo di aziende, otto in totale) e l’inarrivabile canton Grigioni, che vanta una percentuale del 63,9% pur rientrando nei 10 cantoni con il numero maggiore di aziende agricole totali.
Anche la quota di mercato dei prodotti bio rispetto a quelli convenzionali è cresciuta: nel 2022, ultimo dato disponibile, nella Svizzera italiana si è attestata al 9% (8,6% nel 2021). A questo proposito però, da Bio Ticino arriva una precisazione: “Questi dati - spiega ancora Acerbis-Steiner - provengono da fonti Nielsen e forniscono un’idea delle vendite nella grande distribuzione (GDO). La maggior parte dei nostri produttori non vende però tramite la GDO, bensì si concentra su canali alternativi come la vendita diretta, Conprobio, i mercati e i negozi Reformhaus o di prossimità. La quota del 9% non è quindi veritiera ed esaustiva”.
Il dato della Svizzera italiana, seppur non totalmente rappresentativo, risulta leggermente inferiore rispetto alla media svizzera che raggiunge il 10,9% (11,2% in Svizzera tedesca, 10,6% in quella francese).
Per quanto riguarda le differenti produzioni, a farla da padrone in Svizzera – a livello di rispettive quote di mercato – sono il pane e i prodotti da forno (31,9%) e le uova (29,2%). Ma anche frutta e verdura (21,6%) e latticini e formaggio (11,4%) fanno la loro parte, mentre in fondo alla classifica troviamo la carne e il pesce (6,2%) e gli insaccati e la salumeria (4%). Ma prendendo in considerazione il fatturato, lo scettro passa a frutta e verdura (665 milioni di franchi) seguiti da latticini e formaggi (405 milioni).
E in Ticino, non tanto dal punto di vista delle quote di mercato, quanto da quello dei produttori, quali sono i prodotti su cui il settore punta maggiormente? “Il Ticino è una ragione agricola essenzialmente di montagna, i nostri contadini allevano e producono soprattutto nelle valli. Si può dire che principalmente abbiamo delle aziende agricole di vacche nutrici, ma anche di capre con relativa trasformazione del latte. Si tratta però di aziende piccole che spesso hanno anche una diversificazione della produzione con carne, uova, prodotti orticoli ecc.” aggiunge Valentina Acerbis-Steiner.
Per quanto riguarda gli abusi del marchio bio, qualche problema viene rilevato: “Riscontriamo alcuni abusi di utilizzo della dicitura “biologico” in situazioni dove non c’è una reale certificazione. La maggioranza dei casi sono soprattutto a livello di comunicazione online. Quando li scopriamo, vengono poi segnalati al Cantone per un intervento”.
Proteste contadine: “Serve più considerazione per il nostro lavoro”
Negli ultimi mesi hanno tenuto banco un po’ in tutta Europa, ma non solo, molte proteste dei contadini. Anche da noi l’Unione svizzera dei contadini chiede maggiori prezzi alla produzione del 5-10% e un reddito delle famiglie contadine migliore.
Il settore biologico in Ticino concorda in linea di massima con le richieste, anche se rileva pure un’altra dimensione del problema: “Fare il contadino - ci spiega il presidente di Bio Ticino Gabriele Bianchi - non è un mestiere come un altro, basta immaginare chi tiene degli animali e non ha giorni di riposo, di festa o altro, è un lavoro sette giorni su sette, spesso 24 ore su 24, con un carico emotivo importante visto che non si stacca mai. Insomma regala tante gioie, ma anche tante preoccupazioni. Il messaggio che vorremmo far passare è quindi che spesso, quando si sentono le lamentele sul costo di alcuni prodotti come ad esempio il latte e la carne, rileviamo come non ci sia consapevolezza del lavoro che sta dietro. È vero che da noi la situazione non è così grave come in altri Paesi anche a noi vicini, perché c’è maggiore attenzione verso il settore agricolo, ma forse ne servirebbe ancora di più, anche perché nessuno fa questo lavoro per arricchirsi”.
Contadini svizzeri in protesta
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Uno dei principali attori in questo senso, spesso criticato tanto dagli agricoltori, quanto dalle associazioni dei consumatori, è la grande distribuzione, spesso accusata di avere margini di guadagno troppo ampi soprattutto a spese dei produttori. Come sono i rapporti del settore biologico ticinese con le grandi catene? “È un tema molto sentito in effetti anche tra i nostri associati e ci piacerebbe discuterne maggiormente con la grande distribuzione e avere con loro un dialogo più continuo. Sicuramente per la questione dei prezzi, ma non solo: il dialogo sarebbe infatti utile per orientare meglio la produzione in base alle esigenze della GDO e puntando sui prodotti che garantiscano i margini migliori, ma anche per ridurre gli sprechi, che è un tema che ci sta particolarmente a cuore. L’auspicio è quindi quello di sedersi più spesso insieme a un tavolo”.
Su sprechi e abitudini Bianchi fa anche un’altra considerazione: “Da noi spendiamo circa l’8% del reddito disponibile per la spesa alimentare...e forse è un po’ pochino, anche perché in passato era decisamente più alta questa percentuale (nel 1990 era ad esempio l’11,28% in Ticino, ndr), come lo è tuttora nei Paesi più poveri, dove l’importanza del cibo è ancora molto alta. Noi abbiamo forse la pancia un po’ troppo piena, e in questo senso potrebbe essere interessante fare un discorso educativo, coinvolgendo perché no anche le scuole, per riportare l’attenzione sull’importanza della qualità dell’alimentazione”.
Politica agricola: “Semplificare norme e burocrazia”
Infine, sulla politica agricola svizzera, secondo Bianchi, pur andando in una buona direzione, “si può sempre fare meglio, in particolare in relazione alla burocrazia sempre più pressante sulle famiglie contadine, che spesso non hanno tempo per dedicare ore e ore a questi aspetti amministrativi. Semplificare normative e leggi sarebbe quindi auspicabile”.
A livello cantonale - pensando anche all’esempio grigionese e al sostegno cantonale alla transizione - Bianchi rileva infine che il “Ticino è il quinto cantone per quota di aziende bio, quindi si sta lavorando bene e in maniera lungimirante. Detto questo si potrebbe fare ancora di più e spingere maggiormente la transizione, anche a livello politico. In particolare penso che potrebbe essere utile - a fronte di sempre maggiori limiti e divieti, spesso introdotti a giusta ragione - fornire soluzioni alternative. Insomma, non semplicemente imporre regole, ma anche fornire soluzioni compensative”.
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