L’inchiesta sul delitto di Aurigeno ha portato a un nuovo arresto. Martedì è finita in manette anche una donna. La 33enne, che lavorava nel negozio di telefonia di proprietà dell’omicida, avrebbe funto da tramite tra lui e chi gli fornì la pistola poi utilizzata per uccidere il custode delle Scuole ai Ronchini.
La Glock era stata rubata in un’abitazione del Locarnese. L’autore del furto venne arrestato alla fine di maggio. Stessa sorte è quindi toccata, nelle scorse settimane, all’impresario kosovaro da cui soggiornava, a Bellinzona, già noto alle cronache per lo scandalo dei permessi falsi.
Il ladro gli avrebbe consegnato l’arma che, come detto, grazie alla dipendente del negozio sarebbe giunta infine nelle mani del 42enne. Il ruolo esatto avuto dalla donna è però ancora da chiarire. La sua versione diverge infatti da quella resa dall’imprenditore bellinzonese.
La 33enne è accusata di complicità in assassinio. Sulla sua carcerazione preventiva dovrà esprimersi ora il giudice dei provvedimenti coercitivi.
Intanto, si è sempre in attesa della perizia psichiatrica disposta sull’imputato principale, che l’11 maggio irruppe a scuola freddando il compagno della ex moglie. Tre i colpi esplosi: due raggiunsero la vittima all’altezza dei polmoni; il terzo andò a vuoto. Le indagini sono coordinate dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri.