Il procuratore pubblico Antonio Perugini ha rinviato a giudizio i quattro protagonisti dell’inchiesta sul cosiddetto scandalo dei permessi falsi, scoppiato nel febbraio scorso. L’atto d’accusa è giunto venerdì alle parti.
Il quartetto, che verrà processato alle Assise Criminali, rischia pene comprese tra i due e i cinque anni di carcere. Da un lato ci sono il titolare della Aliu Big Team di Bellinzona e suo fratello. Dall’altro un impiegato della Migrazione (nel frattempo licenziato) e una ex-dipendente, sua compagna. Al centro della vicenda, un giro di permessi taroccati che l’impresario acquistava dal funzionario per rivenderli agli operai stranieri intenzionati a lavorare in Svizzera.
Contro tutti e quattro si ipotizza la ripetuta incitazione aggravata all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegali. Contro l’imprenditore e il fratello il ripetuto inganno aggravato nei confronti dell’autorità. Ci sono poi le accuse contestate singolarmente. Il titolare della Aliu dovrà rispondere di tratta di esseri umani, ripetuta corruzione attiva e ripetuta falsità in certificati. Lo statale di ripetuta corruzione passiva, ripetuta falsità in certificati e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti.
Meno pesante la posizione degli altri due imputati. Per il fratello dell’imprenditore si va dal ripetuto riciclaggio alla ripetuta falsità in certificati. Per la donna dal favoreggiamento alla contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti.
Francesco Lepori