I Verdi del Ticino accolgono con entusiasmo la sentenza del Tribunale federale che ha respinto i ricorsi che impedivano l'applicazione del salario minimo di 20 franchi a Neuchâtel. Questa "vittoria che giunge dopo anni di discussione (...) non lascia più spazio al minimo dubbio sulla costituzionalità" della misura, ragion per cui gli ecologisti chiedono che Consiglio di Stato e Parlamento passino al più presto all'applicazione "senza se e senza ma" dell'iniziativa "Salviamo il lavoro in Ticino", che il popolo aveva approvato il 14 giugno 2015. Solo così si potranno "garantire condizioni di lavoro dignitose, mettendo un freno al boom della domande di assistenza".
Il Consiglio di Stato se ne occuperà dopo la pausa estiva. Resta da determinare in particolare l'importo, sul quale non si è trovata un'intesa in sede di gruppo di lavoro con le parti sociali. "Ora possiamo fare più chiarezza", secondo il capo del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta. Sindacati e iniziativisti chiedevano 20,34 franchi, cifra vicina a quella neocastellana, troppo secondo il padronato. Vitta non vuole parlare di cifre ora, ma constata come Mon Repos abbia avallato il salario unico e non quello differenziato per settore di attività previsto dall'articolo costituzionale ticinese.
"Un salario unico e di almeno 20 franchi non lede la libertà economica come ha sempre sostenuto Unia", si rallegra Enrico Borelli, mentre Renato Ricciardi dell'OCST vede l'opportunità di contrastare il fenomeno delle paghe basse ma anche il rischio di perdere impieghi e per questo auspica l'intensificarsi del dialogo. Dialogo che non diventerà però per forza più facile: "Il caso ticinese è diverso, perché non c'è ancora una legge", secondo Stefano Modenini dell'AITI. L'impatto dei 20 franchi, inoltre, nel cantone sarebbe diverso.
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