Norman Gobbi avrebbe saputo della decisione, attuata il 29 maggio del 2021, di sgomberare il centro sociale autogestito il Molino a Lugano. È quanto emerge dai documenti di polizia desecretati e resi parzialmente noti giovedì da Area.
Secondo quanto ha potuto appurare la testata la sera di quel 29 maggio, alle 19.55, il giornale d’impiego riporterebbe: “Conferito con Gobbi e comando della polizia cantonale e sindaco di Lugano. Tutti concordano con decisione di bloccare l’accesso al Vanoni e procedere allo sgombero del Molino”. Gli autonomi, ricordiamo, avevano occupato temporaneamente lo stabile dell’ex istituto Vanoni, dopo una manifestazione. Qui erano stati bloccati da un vasto dispiegamento di polizia, intervenuta anche da fuori cantone. Nel contempo si era proceduto allo sgombero dello stabile del centro sociale nell’area del Macello.
La comparsa del nome del consigliere di Stato, direttore del Dipartimento delle istituzioni (DI), rappresenta una novità. E questo perché il sostituto comandante della polizia cantonale Lorenzo Hutter aveva, fin qui, sempre riferito di aver parlato solo con l’allora sindaco Marco Borradori e con la municipale responsabile della sicurezza Karin Valenzano Rossi. Hutter e Valenzano Rossi, oggi, sono anche gli unici indagati nel quadro dell’inchiesta volta a far luce sulla conclusione di quell’operazione, ossia la demolizione dello stabile occupato dagli autonomi.
E allora, proprio sulla demolizione Gobbi era stato interpellato? Al momento non vi è nulla che lo provi. È bene ricordare che l’inchiesta intrapresa dal procuratore generale Andrea Pagani deve far luce proprio sulla decisione di distruggere lo stabile, perché lo sgombero era seguito ad una regolare disdetta di una convenzione. Mentre la demolizione nella notte fu abusiva, dettata da un’emergenza: ciò in base ad un primo giudizio di Pagani, che aveva portato ad un decreto d’abbandono. Il procuratore generale era stato poi costretto dalla Corte dei reclami penali a riaprire l’inchiesta, dopo un ricorso, con l’ordine di approfondire i fatti. E qui si è consumato lo strappo fra procura e polizia cantonale, la quale aveva dapprima consegnato i documenti, omettendo le parti a suo dire più sensibili, per poi venir costretta a far marcia indietro e a fornire l’intero incarto nella sua versione completa, che è quella citata da Area.
Tornando ai documenti in questione, emergerebbe poi altro. Come il numero degli agenti, ad esempio, che quel giorno sarebbero stati 300, grossomodo uno per manifestante. E poi aneddoti sulle tattiche, come l’ipotesi di assediare lo stabile, prendendo gli autonomi per fame. Emergono anche ipotesi per cui gli assediati si sarebbero potuti difendere con olio bollente.
Quel che sorprende, però, non è tanto che Gobbi sia stato interpellato per decidere insieme alle altre autorità sullo sgombero. Ma che la polizia cantonale volesse tener segreta questa informazione, emersa a quasi 5 anni dai fatti e a 2 anni e mezzo dalla richiesta di documenti di chi è chiamato a far chiarezza, ossia la Procura ticinese.