Nel panorama del vino europeo, da secoli sinonimo di cultura, tradizione e convivialità, sta prendendo piede una rivoluzione silenziosa ma potenzialmente dirompente: quella dei vini dealcolati. Una trasformazione che riflette non solo i cambiamenti nei gusti dei consumatori, ma anche nuove esigenze di mercato, tendenze salutistiche e abitudini delle nuove generazioni. Un trend che si sta facendo strada anche in Svizzera. Ma che cos’è davvero il vino dealcolato? E soprattutto: è davvero vino?
Un trend che parte da lontano
Se in alcuni Paesi l’idea di un vino senza alcol può sembrare ancora una novità quasi eretica, in altri, come Germania, Spagna e nel mondo anglosassone, la realtà è ben diversa. Già da anni i vini a basso o nullo tenore alcolico occupano scaffali e carte vini, e non solo in piccole nicchie. Negli Stati Uniti, ad esempio, intere sezioni delle enoteche sono dedicate esclusivamente a queste etichette, mentre in Svizzera e Italia si contano ancora sulle dita di una mano. Anche nel nostro Paese, però, sempre più persone scelgono alternative alle bevande alcoliche per svariati motivi, e sul mercato compaiono sempre nuove bevande analcoliche. Che si tratti di vino bianco o rosso, rosé o spumante: ogni tipo di vino è disponibile anche in versione analcolica.
Un settore in fermento: dati e previsioni
Il consumo di vino in Europa è in calo da anni, sceso del 24% tra il 2010 e il 2020, e si prevede continui a calare, seppur più lentamente. Tra le cause: stili di vita più salutisti, attenzione alla moderazione nel consumo di alcol, esigenze sociali e culturali (lavoro, sport, guida, gravidanza), nuove abitudini delle giovani generazioni. In questo scenario, i vini senza alcol diventano un’opportunità strategica per l’industria vinicola europea.
Secondo le stime più recenti, il mercato globale del vino dealcolato crescerà dagli attuali 7,6 miliardi di franchi svizzeri a oltre 13,3 miliardi entro il 2031, con una crescita annua superiore al 10%. I mercati trainanti? Stati Uniti, Canada, Australia e India. E anche l’Europa si sta adeguando. La Commissione Europea ha incluso i vini dealcolati nel quadro normativo ufficiale (Direttiva Europea 2021/2117), riconoscendoli legalmente come “vino”- e non come generica “bevanda” -, introducendo due nuove categorie:
- vino dealcolato o dealcolizzato, con contenuto alcolico inferiore a 0,5% o 0,0%;
- vino parzialmente dealcolato, con alcol sopra lo 0,5% fino a 1,2%.
Un passo decisivo per legittimare il prodotto sul mercato anche se — è bene dirlo — l’identità del vino europeo resta ancora fortemente legata alla tradizione. Molti produttori, infatti, vedono ancora questa innovazione con diffidenza, temendo una banalizzazione del prodotto o una deriva industriale che snaturi l’essenza stessa del vino.
Cos’è davvero un vino analcolico e come si produce
Per produrre un vino dealcolato (e non una bevanda analcolica), non si parte da un succo d’uva. La base di un vino dealcolato è – a tutti gli effetti – un vino vero e proprio, ottenuto tramite fermentazione alcolica completa. Solo in un secondo momento entra in gioco la tecnologia, con l’obiettivo di rimuovere l’alcol mantenendo il più possibile intatti aroma, gusto e struttura.
È fondamentale chiarire che non si tratta di un succo d’uva fermentato a metà, né di una bevanda aromatizzata al vino: si tratta a tutti gli effetti di un vino privato dell’alcol, attraverso processi fisici e non chimici.
I metodi approvati dalla Comunità europea e dall’OIV - International Organisation of Vine and Wine - per rimuovere l’alcol etilico dal vino e scendere sotto la soglia legale che definisce un vino dealcolato sono:
1. Evaporazione parziale sottovuoto
È un processo che rimuove l’alcol dal vino sfruttando le diverse temperature di ebollizione dell’alcol e dell’acqua. In pratica, si sfrutta il principio secondo cui l’alcol evapora già a 78°C, ma se si crea un vuoto parziale attorno al liquido, questo punto di ebollizione scende. Così si può riscaldare il vino a circa 30-35 °C, temperatura relativamente bassa che consente di evitare danni ai composti aromatici più volatili. L’alcol viene quindi separato sotto forma di vapore e raccolto a parte, lasciando un “vino dealcolato” che mantiene la sue caratteristiche il più possibile invariate. È un processo che togliere l’alcol con delicatezza, senza stressare troppo il vino.
2. Osmosi inversa (tecniche a membrana)
Un altro sistema, spesso utilizzato per i vini bianchi o leggeri, è l’osmosi inversa. Qui il vino viene fatto passare attraverso membrane selettive che separano molecole in base alla loro dimensione. Al termine del processo, si ottengono due frazioni: una ricca di alcol e aromi, l’altra composta essenzialmente da acqua e componenti non volatili. L’alcol viene eliminato dalla prima frazione, e i componenti aromatici vengono poi reintegrati nell’altra, cercando di restituire complessità e tipicità al prodotto finale.
3. Distillazione (soprattutto con colonne rotanti o spinning cone column)
È una procedura più complessa che richiede attrezzature avanzate e in pratica “smonta” il vino in “pezzi” (alcol, aromi, parte liquida), li tratta separatamente, e poi li rimette insieme tralasciando l’alcol. Ideale per fare un vino quasi analcolico ma con il gusto conservato.
E in Svizzera?
In Svizzera, la domanda di questi vini senza alcol è evidente, ma nel nostro Paese non ci sono - o quasi - cantine che li propongono. I costi di produzione, ancora molto elevati, sarebbero infatti uno scoglio.
La prima cantina a lanciare sul mercato questi vini è stata la vodese J. & M. Dizerens, che produce, al momento, un bianco (da uve Chasselas), un rosso, un rosé e un brut. È stata poi la volta della La start-up vodese La Vigneronne, che ha appena presentato i primi rosé senza alcol (fermi e spumantizzati) certificati IP-Suisse.
La stessa start-up vodese sta progettando il primo centro svizzero di dealcolizzazione a Perroy (VD). La struttura sarà un giorno aperta a tutti i viticoltori svizzeri interessati.
Vino analcolico alla degustazione: la differenza sensoriale
Abbiamo dunque spiegato come si produce un vino senza alcol, ma il risultato è privo di conseguenze?
Spesso, quando si parla di vino senz’alcol ci si sofferma sulle differenze gustative che queste bevande hanno rispetto a un vino tradizionale. In effetti, a detta degli esperti, riprodurre pienamente il gusto complesso di un vino senza alcol, è una sfida, poiché togliere l’alcol a un vino significa rimuovere una componente strutturale fondamentale. L’alcol, infatti, non è solo una sostanza inebriante, ma è anche vettore di aromi, dà morbidezza, equilibrio, rotondità. La sua assenza altera l’esperienza sensoriale, spesso rendendo il vino più dolciastro, meno persistente, e indubbiamente meno complesso. Ecco perché molti produttori cercano di partire da uve molto aromatiche (come Riesling, Gewürztraminer, Moscato), capaci di resistere meglio al processo di dealcolazione, e di reintegrare — dove possibile — parte degli aromi volatili estratti.
Vino analcolico e benessere: no all’alcol, sì agli additivi?
Il vino senza alcol non è automaticamente sinonimo di salutismo, anche se in generale rappresenta un’opzione meno rischiosa. L’assenza di etanolo elimina buona parte dei rischi legati al consumo di alcol, come tossicità epatica, aumento del rischio cardiovascolare e alcuni tipi di tumori. Il vino dealcolato conserva anche molti dei composti fenolici (come il resveratrolo), noti per le loro proprietà antiossidanti. Eppure, bisogna fare attenzione: in alcuni casi, soprattutto se si tratta di bevande aromatizzate - per compensare la perdita di corpo derivante dalla rimozione dell’alcol, possono essere aggiunti zuccheri, aromi artificiali, stabilizzanti o altri additivi che potrebbero essere dannosi per la salute.
Leggere l’etichetta rimane fondamentale, come per ogni altro prodotto.
Inoltre, bisogna ricordare che il vino analcolico può contenere comunque tracce di alcol (fino allo 0,5% vol.), il che lo rende inadatto in alcune situazioni o per alcune persone (per esempio, ex alcolisti in recupero o chi osserva regole religiose molto rigide).
Il contenuto calorico, invece, è sicuramente più basso: un vino classico contiene dalle 70 alle 80 calorie, mentre un vino dealcolato circa 20.
Una tendenza che cancella le tradizioni?
Se da un lato c’è chi parla di “eresia enologica”, dall’altro il vino dealcolato rappresenta un’opportunità di business del prossimo decennio per il settore vinicolo. Non solo perché apre nuovi mercati e segmenti di consumo, ma perché consente di affrontare anche temi legati alla salute e alla diversificazione della produzione. È forse prematuro dire che sarà “il futuro del vino”, ma è evidente che non è solo una moda passeggera. Ma è un’opzione che cancella le tradizioni?
Andrea Conconi, ex direttore di Ticinowine, riguardo questi vini è scettico: «Il vino porta con sé cultura, una socialità unica del bere, delle tradizioni. Ritengo che il vino debba ancora essere un piacere da gustarsi - e aggiunge - secondo me un vino dealcolato non ha più le caratteristiche di un vino».
C’è da specificare che la stessa Direttiva Europea 2021/2117 è chiara sul divieto di dealcolizzare vini DOP o IGP, infatti il testo riporta: «La dealcolizzazione totale è consentita solo per i prodotti senza denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica protetta (IGP). La dealcolizzazione parziale è consentita anche per i vini DOP e IGP, a condizione che tale possibilità sia prevista nei rispettivi disciplinari di produzione.»
Il vino dealcolato o analcolico: è una nuova frontiera del consumo o un tradimento a una lunga tradizione?
Controcorrente 11.04.2025, 11:47
Contenuto audio
Fonti
Vini analcolici: una nuova opportunità per l’industria vinicola europea
L’UE permette il claim “dealcolizzato” per vino, spumante e vino frizzante
Tutto sui vini senza alcol dal canale youtube “sensi in movimento”
Il vino analcolico in Svizzera
Vino dealcolato tra possibilità e limiti
La Vigneronne
Dizerens vins