Storia, cultura e tradizioni: sono questi gli elementi che si celano tra gli imponenti vigneti del Lavaux, una regione capace di mettere insieme passato, presente e futuro. Un vero fiore all’occhiello del nostro paese.
Sentendo parlare di “patrimonio dell’umanità”, spesso si pensa ai grandi monumenti architettonici sparsi in giro per il mondo. Eppure, tra le bellezze protette dall’UNESCO rientrano anche paesaggi naturali e tradizioni culturali. Esplorando la lista di questi beni, spicca una regione svizzera che nel corso della sua storia ha saputo armonizzare territorio, cultura e lavoro umano: il Lavaux.
Con i suoi 800 ettari di vigneti che si estendono tra Losanna e Montreux, affacciati sulla splendida cornice del Lago Lemano, la regione romanda è considerata a livello internazionale un luogo dall’ “eccezionale valore universale” e “paesaggio culturalmente vivente”. Dal 2007, infatti, il Lavaux è entrato a far parte dei beni immateriali protetti dall’UNESCO, rappresentando una delle poche zone vitivinicole al mondo a poter vantare questo titolo.
Il Lavaux è un esempio eccezionale di tutela di una tradizione millenaria a ridosso delle aree urbane, fortemente sostenuta dalle comunità locali.
ICOMOS, Consiglio internazionale per i monumenti e i siti
Lavaux, storia di vigneron
Ciò che rende speciale il Lavaux è un insieme di fattori storici, culturali ed enogastronomici, perfettamente legati tra di loro. La regione è caratterizzata da una forte presenza di vigneti che dominano in modo indiscusso il paesaggio da secoli, con una storia che affonda radici ancora più profonde di quelle delle viti.
Il paesaggio, plasmato dal ghiacciaio del Rodano, è rimasto indomato per un lungo periodo, fino all’arrivo dei romani, che iniziarono a coltivare le prime viti. Sarà però a partire dal XII secolo, con la costruzione e coltivazione dei vigneti da parte di alcuni monaci cistercensi, che inizierà un rapporto di perfetta simbiosi tra chi lavora su questi terreni e il territorio stesso. Una relazione che è ancora oggi motivo di orgoglio per gli abitanti: «Le persone che lavorano in questo territorio nutrono un legame profondo con il patrimonio locale, ma anche chi non lavora direttamente nelle vigne ha un rapporto speciale con la regione. La maggior parte di chi vi risiede è felice di poter vivere immersa in questo paesaggio», sottolinea Basile Monachon, presidente regionale della Federazione dei viticoltori vodesi.
Un operaio trasporta una cassa d'uva in occasione dell'inizio della vendemmia presso il dominio "Le Clos des Abbayes" della città di Losanna, nel vigneto del Lavaux.
Un luogo, dunque, reso vivo e produttivo dalle persone che ogni giorno curano le vigne, preservando in questo modo le tradizioni storiche. Qui, «La storia culturale e la produzione vitivinicola si mescolano a tutti i livelli - spiega Monachon - e l’essere vigneron rappresenta un qualcosa che va ben oltre la professione stessa, si tratta di un vero e proprio atto concreto di difesa e perpetuazione dell’importante tradizione vitivinicola del Lavaux».
Immaginare questa regione senza le sue vigne sarebbe difficile, se non impossibile, ma altrettanto impensabile sarebbe il Lavaux senza le tante persone che quotidianamente lavorano in questo territorio. Molti di questi viticoltori portano cognomi appartenenti a famiglie insediate nella regione da secoli e che da allora tramandano la passione per la produzione di vino di generazione in generazione, mescolando vecchie e nuove tecniche di lavoro. Lo stesso Monachon, ingegnere in enologia e viticoltura, racconta: «Ho allineato ciò che ho imparato a scuola e nelle mie esperienze all’estero con la ricca tradizione sviluppata nei secoli in questa regione».
Nessuna persona resta indifferente quando passa a Lavaux: le luci cambiano costantemente, illuminando in modo diverso il paesaggio e regalando sempre nuove prospettive, in particolare sulle Alpi e il lago. Si tratta di un paesaggio che cambia ogni giorno dell’anno. Quelle che si vivono sono sensazioni difficilmente spiegabili a parole ma che si sentono intensamente a livello emotivo.
Basile Monachon, Presidente regionale della Federazione viticoltori vodesi
Anche la natura gioca un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo dei vigneti, per sintetizzarlo in poche parole: sole, sole, sole. Sono infatti tre le fonti di calore di cui beneficiano le vigne del Lavaux: la luce solare, il riflesso dei raggi sul lago e il caldo che viene trattenuto dai tipici muretti della zona. Una combinazione ideale per assicurarsi una produzione vinicola di grande qualità immersi in un panorama mozzafiato.
I tre soli del Lavaux
Svizzera e dintorni 28.12.2017, 20:30
La Fête des Vignerons e il Ticino come ospite d’onore
Sono tanti gli elementi di questa regione che fanno pensare al cantone a sud delle Alpi, in primis la grande tradizione vitivinicola. Nella lunga storia del Lavaux non poteva quindi mancare la presenza del Ticino, che nel 2019 si è visto protagonista in uno degli eventi più attesi sulle sponde del Lago Lemano: la Fête des Vignerons (Festa dei viticoltori). Questa celebrazione, risalente al 1797, anch’essa riconosciuta in quanto patrimonio culturale immateriale dell’umanità, si tiene a Vevey ogni 25 anni: una ogni generazione.
La Confrérie des Vignerons (Confraternita dei viticoltori), nella sua ultima edizione tenutasi nel 2019, ha deciso, per la prima volta nella sua storia di avere il Canton Ticino come ospite d’onore, dedicandogli un’intera giornata (27 luglio). Un segno di amicizia e vicinanza a un cantone ricco di vigneti e storiche tradizioni.
Tra i rappresentanti ticinesi durante la festività, è stata presente anche l’associazione TicinoWine, che ha fatto da portabandiera ai prodotti vinicoli del cantone.
https://www.rsi.ch/s/2049595
Il futuro della regione
Il Lavaux è un luogo armonioso e dinamico che racchiude in sé una grande vitalità, ma è una regione tanto affascinante quanto fragile. Non mancano infatti le sfide riguardanti il futuro, in modo particolare legate alla crisi del settore vitivinicolo. Servono dunque soluzioni che permettano di «Poter continuare questa tradizione che ha il privilegio di svolgersi in un paesaggio unico», si auspica Basile Monachon.
La fiducia è però ben salda tra chi attraversa quotidianamente i vigneti del Lavaux, sono infatti molteplici i momenti in cui la popolazione ha dimostrato affetto e sostegno attivo alla regione, nel solco di un legame secolare.
13 i siti svizzeri iscritti nel patrimonio dell’umanità
L’UNESCO si pone l’obiettivo di preservare il patrimonio culturale e naturale d’importanza universale. Dal 1978 tiene una lista che comprende più di 1100 siti in tutto il mondo, 13 dei quali si trovano in Svizzera. Nove dei siti svizzeri rientrano nel patrimonio culturale (edifici, paesaggi urbani e testimonianze degli inizi dell’era industriale), mentre gli altri quattro sono stati dichiarati patrimonio naturale.
Nel 1983 sono tre i siti elvetici ad entrare nella lista: il complesso conventuale di San Gallo, con la sua cattedrale barocca e la biblioteca che custodisce 170’000 volumi redatti nell’arco di 12 secoli; il centro storico di Berna con i suoi edifici medievali; il monastero benedettino di San Giovanni a Müstair (Cantone dei Grigioni), che conserva il ciclo di affreschi più importante della Svizzera.
Nel 2000 entrano i tre imponenti castelli medievali di Bellinzona, con le relative fortificazioni e la cinta muraria (Cantone Ticino).
Nel 2001 è stata inserita anche la regione Jungfrau-Aletsch (Cantoni di Berna e del Vallese), in cui si trova il più grande ghiacciaio delle Alpi.
Nel 2003 si è aggiunge il Monte San Giorgio (Cantone Ticino), massiccio montuoso di forma piramidale con i suoi fossili risalenti a 250–300 milioni di anni fa.
Nel 2007 è la volta dei vigneti terrazzati del Lavaux (Cantone di Vaud), che si estendono su un’area di 30 chilometri e sono la prova della riuscita interazione tra uomo e ambiente.
Nel 2008 spiccano le due tratte ferroviarie di montagna dell’Albula e del Bernina (Ferrovia retica), come capolavoro ingegneristico e l’Arena tettonica di Sardona (Cantoni dei Grigioni, di San Gallo e di Glarona), una formazione montagnosa di oltre 32’000 ettari originata dal contatto tra la placca continentale africana e quella europea.
Nel 2009 viene riconosciuta come patrimonio mondiale la città orologiera di La Chaux-de-Fonds, che testimonia la storia industriale della fine del XVIII secolo e gli stretti legami tra paesaggio urbano e tradizione orologiera.
Nel 2011 è entrato a far parte della lista un insieme di 56 siti con resti palafitticoli preistorici risalenti a un periodo compreso all’incirca tra il 5000 e il 500 a.C, situati sulle rive di laghi e fiumi oppure in zone paludose.
Lavaux Express
RSI Food 28.09.2017, 14:47