Spesso, nel campo della nutrizione, sentiamo parlare di “cibo consolatorio”, ovvero quei cibi che desideriamo nei momenti di stress emotivo e che, invece di darci un vero benessere, possono creare dipendenza e influire negativamente sulla nostra salute.
Se imparassimo, però, a vedere il cibo sotto una nuova prospettiva? Conoscere le sue caratteristiche non solo dal punto di vista nutrizionale, ma anche ormonale e molecolare, ci permette di trovare un vero equilibrio di salute affinché ne benefici il corpo, la mente e la salute metabolica. Questo è possibile attraverso un’alimentazione consapevole e la nutrizione funzionale.
Perché il “cibo consolatorio” non è la soluzione
Quando mangiamo un alimento che agisce direttamente sul cervello limbico – la parte responsabile del piacere e degli istinti – possiamo avere due effetti: un senso di appagamento naturale e positivo, oppure di dipendenza, che ci porta a desiderare sempre più cibi simili.
L’uno o l’altro effetto dipendono da diversi fattori:
il tipo di alimento consumato;
il suo effetto sul microbiota intestinale e sul sistema digestivo;
la capacità del cibo di innescare una neuroinfiammazione, ovvero un’infiammazione non patologica ma sufficiente a influenzare umore, energia e comportamento alimentare.
In altre parole, il risultato in senso positivo (sazietà e appagamento) o negativo (dipendenza e/o assuefazione), dipende da quali sostanze arrivano al cervello limbico e come condizionano umore e comportamento alimentare. Tra le principali sostanze che agiscono in questo senso ci sono il glucosio, il sale, le molecole infiammatorie derivanti direttamente dal cibo o da ormoni legati ad esso (come l’insulina), alcune molecole liberate dal nostro intestino, e alcuni ormoni come la serotonina.
Chiaramente, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di scegliere alimenti che ci diano piacere senza creare dipendenza.
Infiammazioni indotte da alimenti
La pulce in cucina 11.05.2024, 12:05
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Il ruolo della serotonina (ormone della serenità) e da cosa dipende la sua disponibilità nel cervello
La serotonina è un neurotrasmettitore fondamentale per la regolazione dell’umore e del comportamento alimentare. I suoi ruoli fondamentali nel circuito cerebrale, infatti, sono quello di innescare la sensazione di serenità e fare da “controllore” nell’azione sinergica con altre molecole che controllano il comportamento in generale, l’umore e il sonno.
Le due fonti principali di serotonina sono:
l’alimentazione;
il sistema digerente (in particolare le cellule enterocromaffini dello stomaco e dell’intestino).
Se il nostro intestino (compreso il microbiota) è in buona salute e scegliamo i cibi giusti, la serotonina disponibile nel cervello sarà sufficiente per garantirci serenità ed equilibrio. Se invece la serotonina è scarsa o troppo abbondante, possiamo sperimentare:
tristezza e desiderio incontrollabile di determinati cibi;
appagamento e controllo sul comportamento alimentare;
dipendenza da alimenti specifici, con difficoltà a interrompere abitudini scorrette.
No al cibo consolatorio, sì alla zona di comfort della salute
Restare nella “comfort zone della salute” è fondamentale per mantenere l’equilibrio psicofisico, il peso forma, il controllo del sistema immunitario e un basso rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. Inoltre, ci permette di evitare la ricerca del cosiddetto “cibo consolatorio”: la scelta di un alimento dolce o particolarmente gustoso (anche salato) sarà frutto di una decisione consapevole, anziché di un impulso incontrollabile.
Ma come si fa a rimanere in questa “zona di salute”? E come possiamo ottenere, dal cibo quotidiano, una produzione ottimale di serotonina che ci garantisca serenità e appagamento senza generare dipendenza?
Regole base per una corretta alimentazione
1. La ricerca della “comfort zone”
passa dalla scelta dei loro abbinamenti, che si associ ad un controllo dell’indice glicemico e dell’indice insulinemico (entrambi infiammatori).
Il trucco è evitare il rapido incremento del glucosio (zucchero) nel sangue dopo ingestione di un pasto.
* Si ricorda che il glucosio non proviene solo dallo zucchero. Alcuni alimenti, infatti, si “comportano” da zucchero quando la loro capacità di far salire il glucosio nel sangue (l’indice glicemico appunto) è alta: accade per i dolci soprattutto di farine e lievitati (ovvero poco grassi); per le farine e derivati “bianchi”, ovvero non integrali; per le patate senza buccia; per quasi tutta la frutta; il miele e per l’alcool.
Saranno da scegliere, quindi, quegli alimenti freschi e non dolci; tra i cereali saranno da preferire quelli integrali. E da evitare tutti gli alimenti precotti e industriali, perché oltre a essere poco nutrienti, possono essere arricchiti di sostanze (conservanti, addensanti) che favoriscono un effetto di uscita dalla “comfort zone” di salute.
Per quanto riguarda gli abbinamenti: ogni fonte di potenziale zucchero sopra descritto, andrà associato a fibre (per esempio delle verdure, della frutta secca, o del cereale integrale) o grassi (proteine grasse, grassi buoni come l’olio di oliva extravergine, l’olio di semi di lino, l’olio di vinacciolo, avocado, burro a crudo, olio di cocco).
Non dovranno essere associati allo stesso pasto i seguenti alimenti: pane e simili, pasta, riso e simili, patate, frutta, dolce e proteine animali diverse.
2. Scegliere alimenti che favoriscono la serotonina senza eccessi
- Alimenti da limitare: prodotti da forno industriali, dolci raffinati, farine bianche.
- Alimenti consigliati: latte, yogurt, formaggi, banane, prugne, carni bianche, uova, legumi, cereali in chicco, frutta secca, semi oleosi e verdure come gli spinaci.
Lo spazio di salute legato al cibo
Ogni volta che introduciamo un alimento o un pasto nel nostro organismo, si attivano specifici sistemi digestivi e ormonali. A questi processi seguono la capacità di digerire quel pasto (oppure, al contrario, un prolungamento della sua permanenza nello stomaco o nell’intestino, o ancora il suo accumulo nel tessuto adiposo) e complesse risposte ormonali. Queste ultime regolano diversi aspetti fondamentali:
a) Il senso di sazietà: solo due ormoni sono deputati a questa funzione, poiché l’organismo è concepito per provare fame e sopravvivere. Il primo è la colecistochinina, rilasciata da una parte del piccolo intestino, il duodeno, in risposta all’ingestione di alimenti prevalentemente grassi. Il secondo è la leptina, secreta dallo stomaco dopo un determinato periodo dal pasto, oltre che dal tessuto adiposo e dal fegato.
b) La risposta metabolica: essa è molto complessa, ma tra i fattori che maggiormente influenzano l’effetto “comfort zone” sulla salute, un ruolo chiave è svolto dall’ormone insulina.
Un fattore cruciale è il comportamento dell’insulina, che regola il livello di glucosio nel sangue: se i pasti sbilanciati portano a un eccesso di insulina, si genera un ciclo pericoloso di infiammazione, resistenza insulinica e rischio di malattie metaboliche.
Ogni volta che introduciamo un pasto sbagliato (per tipologia di alimento o combinazione di ingredienti), inneschiamo una risposta insulinemica eccessiva: inizialmente un picco verso l’alto, seguito da un brusco calo.
Le conseguenze di questo fenomeno sulla salute quotidiana sono le seguenti:
Neuroinfiammazione e dipendenza da zuccheri: a ogni picco di insulina, successivo a un eccesso di glucosio nel sangue (dovuto alla quantità ingerita o alla rapidità di rilascio dal cibo), corrisponde un effetto di neuroinfiammazione. Inizialmente si prova appagamento, seguito da un senso di bisogno di zucchero, in un ciclo perpetuo e incontrollato. Questo porta alla percezione di un continuo bisogno di dolci o cibi raffinati, che in realtà non è un bisogno reale, ma una dipendenza. In quel momento non stiamo scegliendo un dolce: semplicemente non possiamo farne a meno.
Infiammazione sistemica e resistenza insulinica: ogni picco di insulina genera uno stato di infiammazione generale, aumentando il rischio di sviluppare resistenza all’insulina. A lungo termine, ciò può condurre a obesità, diabete, malattie cardiovascolari, patologie infiammatorie croniche e squilibri ormonali.
L’obiettivo, dunque, per una vera “zona salutare di comfort” è mantenere una curva glicemica stabile, evitando i picchi e i cali improvvisi che causano fame eccessiva e infiammazione. Così facendo, possiamo garantire:
una riduzione dell’infiammazione (alla base di molte patologie croniche);
il miglioramento dell’attivazione del metabolismo basale (dimagrire mangiando);
l’equilibrio mentale che, con un giusto rapporto con il cibo, migliorano l’apporto di energia, concentrazione, memoria e umore.
Restando in questa zona, quando decidiamo di concederci un dolce o un alimento “sgarro”, lo facciamo per scelta e non per compulsione, ottenendo appagamento senza il bisogno di ricercare zuccheri per il resto della giornata.
Esempi di pasti bilanciati
Colazione
Una fetta di pane di farro con poca ricotta e un cucchiaino di marmellata.
Oppure
Porridge con fiocchi di avena integrale, latte di mandorla, o yogurt kefir, frutta fresca come mirtilli o lamponi, 1 cucchiaio di semi oleosi misti (lino, girasole, zucca, sesamo), 3 noci.
Pranzo
Riso rosso con porro e salsiccia di vitello.
Oppure
Pasta di Kamut con pinoli tostati, bottarga o alici, scarola ripassata con aglio e peperoncino.
Cena
Vellutata di zucca con cannella e un dessert di prugne, basilico e qualche scaglia di pecorino.
Infiammazioni: il cibo come medicina
La consulenza 11.10.2024, 13:00
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