La gluten-free diet, comunemente detta “dieta senza glutine” è sempre più diffusa in tutto il mondo. Eppure, le persone che davvero necessitano questo tipo di regime alimentare, in quanto celiache, sono solo l’1%. Perché è cosi presente l’offerta gastronomica senza glutine e quella di prodotti alternativi nella grande distribuzione?
Quando la dieta senza glutine è fondamentale
Innanzitutto è bene chiarire quando la dieta senza glutine - e per “senza” si intendono anche le piccole tracce - è imprescindibile da ogni moda e tendenza. L’esclusione del glutine dall’alimentazione è l’unica terapia possibile per i soggetti con celiachia ossia una malattia cronica della mucosa dell’intestino tenue provocata dall’ipersensibilità verso il glutine. Dopo il consumo di alimenti contenenti glutine il sistema immunitario delle persone celiache libera delle sostanze che provocano una reazione infiammatoria nell’intestino tenue causandone un danno sulla superficie assorbente (villi intestinali). Poiché il sistema immunitario attacca le cellule dell’intestino tenue del proprio organismo, si parla di reazione autoimmune. La celiachia non è quindi un’allergia, bensì una malattia autoimmune. Una celiachia non curata riduce le dimensioni dei villi e quindi della superficie intestinale, ciò che a sua volta comporta un’insufficiente assimilazione di sostanze nutritive e la possibile apparizione di segni di carenza (p. es. carenza di ferro, acido folico, calcio, zinco e delle vitamine liposolubili A,D,E,K).
Cos’è il glutine? “Glutine” è un termine collettivo che designa delle proteine di cereali (gliadine/prolamine) che sono contenute in molti cereali e nei prodotti da essi derivati. A livello chimico questo complesso proteico, tipico di alcuni cereali, è caratterizzato dall’essere insolubile in ambiente acquoso. Il glutine viene definito anche proteina collante.
Grazie alle sue specifiche caratteristiche fisiologiche e tecnologiche, viene spesso impiegato come additivo nell’industria alimentare. Lo si ritrova ad esempio in vari prodotti sotto forma di emulsionante, di sostanza di supporto per aromi, di legante per l’acqua o di stabilizzatore. Nel pane, ad esempio, il glutine assorbe l’acqua e lega l’impasto rendendolo denso ed elastico, risulta quindi più facile formare una pagnotta compatta che non si spezza durante la cottura.
Celiachia, allergia al glutine, allergia al frumento, sensibilità al glutine
La dieta senza glutine è a volte scelta in seguito a diagnosi di condizioni che tra loro hanno un nome simile, facendoci così pensare che è meglio togliere il glutine del tutto, sia per curare che per prevenire. La letteratura scientifica ci dice che questa non è una scelta corretta.
Ogni patologia può avere la sua dieta specifica ma in ogni caso non è mai consigliato il fai da te. Ad esempio, escludere il glutine prima di fare accertamenti, porta ad un falso negativo all’esame diagnostico. Oppure, se soffro di un’allergia al frumento ed elimino tutti i cereali contenenti glutine, andrò inevitabilmente a escludere una serie di alimenti che potevo mangiare senza problemi. È sempre necessario far riferimento al medico e all’esperto nel campo della nutrizione per non fare confusione e non alimentare false mode. Anche perché, seguire una vera dieta senza glutine - senza tracce - prevede nella quotidianità importanti rinunce, attenzione alle preparazioni, letture di etichette e talvolta maggiori costi.
Esiste una correlazione tra i “nuovi grani e la celiachia”?
Sotto la lente di ingrandimento degli studi è finito anche il grano utilizzato ai giorni d’oggi, accusato di essere più ricco di glutine e quindi responsabile di un aumento di casi di celiachia. La buona notizia è che non esistono evidenze scientifiche sul fatto che l’aumento di celiachia e disturbi correlati siano dovuti al troppo glutine presente nei grani moderni. Uno studio del 2013 pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry ha calcolato l’eventuale cambiamento del contenuto di glutine del grano analizzando i dati delle proteine di migliaia di grani coltivati negli Stati Uniti dal 1925 ai giorni nostri. In media, la percentuale di proteine è sempre rimasta stabile tra il 12% e il 15%, con un picco del 19% nel 1938 (per ragioni climatiche). Inoltre, sappiamo che due grani antichi come il Graziella Ra e il Kamut hanno valori più elevati di gliadine rispetto ad altri grani.
Soffro di disturbi intestinali, il test della celiachia è negativo, ma se tolgo il glutine mi sento meglio, perché?
Un’altra importante questione che riguarda l’aumento dei casi di disturbi intestinali definiti come “colon irritabile”, è il disturbo “invisibile” noto anche con il nome IBS, dall’inglese Irritable Bowel Syndrome. Questa misteriosa malattia si manifesta con una serie di sintomi come crampi allo stomaco, flatulenza, forte diarrea o stitichezza. In Svizzera si stima che il 10-15% della popolazione soffra di sindrome dell’intestino irritabile. Per le forme più lievi, spesso una consulenza nutrizionale è sufficiente. Questa mira solitamente ed escludere, temporaneamente, alimenti che spesso causano più fastidi in quanto fermentabili. Esiste un modello di dieta detta FODMAP (Fermentabili Oligo-, Di- e Mono-saccaridi e Polioli) in cui anche i cereali contenenti glutine vengono eliminati per un periodo e poi reinseriti.
Nella maggior parte dei casi, le dieta “senza glutine” porta a benefici soggettivi anche in chi non è affetto da malattia celiaca, in quanto si inizia a variare la dieta, si scoprono cereali più ricchi di fibre e micronutrienti, si apporta maggior acqua alla dieta, si cura la composizione dl piatto e si impara a mangiare masticando bene e dedicando del tempo nella preparazione e nel consumo del pasto. Pertanto, non è l’esclusione del glutine che porta a benessere, ma è il prendersi cura della propria alimentazione, mettendo in pausa una dieta ricca di prodotti industriali, ricca di zuccheri e povera di alimenti freschi.
Un articolo del 2019 pubblicato sul Journal of Nutrition and Metabolism evidenzia come una dieta senza glutine condotta senza un’indicazione medica comporterebbe un aumento dei costi alimentari, una diminuzione del consumo di fibre, potenziali diminuzioni del consumo di minerali e vitamine, tra cui calcio, magnesio, zinco, vitamina B12, folato e vitamina D, e una potenziale maggiore esposizione ad acidi grassi idrogenati e saturi nella dieta e arsenico. Quindi non è esente da rischi.
Gli studi scientifici non hanno dimostrato correlazione positiva tra l’esclusione del glutine e la perdita di peso. Una dieta senza glutine, ma ricca di prodotti industriali destinati ai celiaci potrebbe portare a un aumento del BMI.
Se iniziare una dieta senza glutine porta con sé la restrizione calorica, la riduzione degli apporti di prodotti lavorati e ricchi di zucchero porta invece a un incremento di prodotti vegetali e una riduzione dell’alcool e, in questo caso, gli effetti sul peso saranno evidenti e non sono glutine-correlati. Anche una correlazione tra consumo di glutine e incidenza di tumori e malattie cardiovascolari (che aumentano invece all’aumentare del sovrappeso) non è stata individuata.
La raccomandazione finale è come sempre, non affidarsi al fai da te. Le consulenze nutrizionali condotte da personale competente possono evitare stili alimentari controproducenti e non basati su evidenze scientifiche.
Mangio strano, mangio sano?
Falò 13.09.2018, 21:10
Fonti:
Journal of Nutrition and Metabolism 2019, A Gluten-Free Diet, Not an Appropriate Choice without a Medical Diagnosi. Ana Diez-Sampedro, Maria Olenick, Tatayana Maltseva, and Monica Flowers
Nutrients. 2019. Gluten and FODMAPS—Sense of a Restriction/When Is Restriction Necessary? Walburga Dieterich and Yurdagül Zopf
Società Svizzera di Nutrizione
Aha! Centro Allergie Svizzere