Territorio e tradizioni

Il nocino e la raccolta durante la notte di San Giovanni

Storia del tipico digestivo, oggi di tendenza anche al nord delle Alpi grazie a un giovane ticinese

  • 20 giugno, 11:30
nocino
  • © CER / Ti-Press / Gabriele Putzu
Di: Alice Tognacci

Il nocino, liquore ottenuto dall’infusione del mallo di noce verde nella grappa e altri aromi, è senza dubbio il digestivo più diffuso della Svizzera italiana e anche il più iconico al di fuori della nostra regione.
Vediamo insieme da dove viene l’usanza di prepararlo nelle proprie case e di come un giovane ticinese si sia dedicato alla produzione a livello professionale.

Nocino: un tempo era il ratafià

In epoche meno recenti conosciuto come “ratafià”, perché rientrava in quel gruppo di bevande alcoliche a base di frutta, zucchero e spezie, consumate per suggellare un accordo o un patto – l’etimologia, infatti, viene fatta risalire al rata fiat: “che si ratifichi” –, il nocino deve forse la diffusione della sua tradizione alle nostre latitudini alla vicina Italia, da regioni quali l’Emilia Romagna, dove il nocino è storia antichissima. Il celebre Pellegrino Artusi, gastronomo romagnolo e autore del manuale “La Scienza in Cucina e l’arte di Mangiar bene” lo menzionava già alla fine dell’Ottocento.

È grato di sapore ed esercita un’azione stomatica e tonica

Pellegrino Artusi, Autore de “La Scienza in Cucina e l’arte di Mangiar bene” (1891)

Come riporta il Patrimonio Culinario Svizzero: «La ricetta originale ticinese è attribuita al Convento Santa Maria dei Frati Cappuccini di Bigorio, il cui insediamento risale intorno al 1535. I frati fabbricano grappa perlomeno dal XIX secolo e nocino da almeno cent’anni. Non si sa però chi fu il primo a produrre questo ratafià. In tutto il Ticino il nocino era prerogativa dei frati, la maggior parte dei conventi preparava il suo, con ricette personalizzate.»

Il nocino, per i frati, era un liquore da offrire a benefattori ed amici che rendevano visita al convento. Un sapere, il loro, che è rimasto intatto negli anni, come testimonia questo interessante contributo datato 1973 e ripescato dai nostri archivi:

Il ratafià di San Giovanni

RSI Archivi 29.06.1973, 15:10

"Chi vör fà ul ratafià, al déef catà i nuus"

Secondo i racconti, i frati raccoglievano i malli dagli alberi vicini al convento o da conoscenti che mettevano a disposizione le proprie piante alla raccolta, operazione che per tradizione veniva fatta la notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno di ogni anno.

Secondo Pellegrino Grappi, notaio a Modena e Reggio Emilia nel Settecento, erano diverse le accortezze imprescindibili per un ottimo nocino: le noci devono essere raccolte, immature, da piedi scalzi e da mani femminili la notte di San Giovanni e il frutto non deve mai essere tagliato con il ferro bensì con una lama di legno.

Come tutte le storie, anche quella del nocino si perde tra sacro e profano, una cosa è certa: durante quei giorni, che vanno dal solstizio d’estate e il giorno di San Giovanni, la pianta è nel suo "tempo balsamico": secondo gli erboristi, il frutto ancora verde, in questo periodo è nel massimo della “forma” con note profumate intense, tessuti ricchi di linfa e abbondanti oli essenziali e principi attivi. Insomma, la fase ideale per l’infusione!

Frutti per nocino
  • © Yves Branchi

Un ticinese è andato oltre la tradizione: usanze ancor più antiche per un nocino “magico”

«La prima nota storica relativa a una bevanda antenata del nocino, prodotta con malli verdi, risale ai tempi dei Romani, quando i Pitti – popolo celtico nelle zone al limite del confine con la Scozia – raccoglievano i frutti esclusivamente la notte del solstizio d’estate, quando il frutto riceveva il sole della giornata più lunga dell’anno, per mano di donne vergini a piedi nudi. Ecco perché ho deciso di produrre il mio nocino rifacendomi a queste usanze ancor più ancestrali. Per il mio nocino, quindi, solo donne a piedi nudi a raccogliere i frutti, tassativamente il 21 di giugno!»

Queste sono le parole di Yves Branchi, giovane ticinese emigrato in quel di Basilea ma originario di Caslano, che dal 2016 produce un nocino 100% ticinese secondo usanze pagane dell’epoca romanica.

Effettivamente, la notte del solstizio d’estate e quella dedicata alla celebrazione di San Giovanni Battista si sono unite con l’avvento del Cristianesimo: la Notte di San Giovanni è una celebrazione prettamente cristiana e, come molte celebrazioni cristiane, si basano sul calendario del paganesimo. Di base, la notte di mezza estate, sin dall'alba della storia, è quella in cui tutto può succedere, in cui riti propiziatori e scaramantici prendono forma, e chissà se effettivamente non sia così anche per questo “magico” nocino…

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Raccolta frutti

  • © Yves Branchi

«Il nocino della mamma è sempre il più buono»: la storia di Yves

Per Yves, la volontà di produrre nocino e promuoverlo oltre Gottardo nasce da un cambio radicale di vita.
Suoi amici di famiglia producevano nocino nel Malcantone ad uso famigliare e spesso davano al ragazzo qualche bottiglia da portare in Svizzera interna, vedendo che il prodotto era apprezzatissimo e stanco di lavorare nel mondo del marketing per una multinazionale famosissima nel settore del cibo, il giovane ticinese decide di cambiare vita, mollare tutto e dedicarsi anima e corpo alla produzione del nocino; e siccome, come racconta sorridendo l’imprenditore, «il nocino di mia mamma è il più buono di tutti!», ha deciso di chiederle la ricetta e prepararlo in casa per gli amici. Il primo “lotto” fu di 3 litri e, talmente fiero del risultato, dopo vari esperimenti in cucina, l’anno successivo fece già il grande salto passando direttamente a produrne 300 litri e attrezzandosi per farne un vero e proprio lavoro a cui dedicarsi.
Il risultato è un nocino 100% ticinese: i frutti sono raccolti a Vigana, a Camorino – da ragazze a piedi nudi – per poi essere tagliati e messi a macerare in una grappa ticinese insieme a vaniglia, chiodi di garofano, cannella e zucchero, per quaranta notti; dopodiché viene filtrato, imbottigliato e lasciato riposare per almeno un paio di mesi sempre in Ticino. Solo una volta pronto viene portato in Svizzera interna dove pasticceri, chef e bartender ne hanno fatto un ingrediente di tendenza.

Quando tradizione e innovazione vanno a braccetto

L’idea di Yves è chiara: promuovere un territorio attraverso un prodotto che parla di saperi popolari e di tradizioni di famiglia, facendolo diventare di “tendenza” anche nel mondo dei giovani. Perché, quindi, non promuoverlo nella cultura del bar miscelandolo in ottimi cocktail, o in quella delle cucine di prestigio per piatti gourmet?

Anche se per sua stessa ammissione il nocino “puro” bevuto come digestivo è imbattibile, la voce di Yves si riempie di entusiasmo quando racconta la lunga lista di collaborazioni con chef e famosi bartender.

Sella di capriolo con Tartufi e riduzione di Nocino, Creato da Christian Kramer, Chef Pâtissier Walliserhof Saasfee, Pasticcere dell'anno 2021

Sella di capriolo con Tartufi e riduzione di Nocino, Creato da Christian Kramer, Chef Pâtissier Walliserhof Saasfee, Pasticcere dell'anno 2021

Fonti:

M.Guarnaschelli Gotti, "Grande enciclopedia illustrata della gastronomia", 2006

  • Yves Branchi
  • Pellegrino Artusi
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