Nuvole scure all’orizzonte per gli inquilini svizzeri: per giovedì prossimo (primo giugno) si teme infatti un aumento dello 0,25% sul tasso ipotecario di riferimento. Una prima storica da quando il tasso è stato introdotto.
Conseguenze? Un probabile incremento generalizzato dei canoni di locazione in tutto il paese. Una dinamica che influenzerà anche l’inflazione, incitandone la spirale al rialzo.
La posta in gioco è un esborso aggiuntivo pari quasi al 7% dell’affitto mensile. Dati alla mano: chi paga 2'000 franchi al mese per un appartamento - una pigione comune per una famiglia in molte regioni elvetiche - presto dovrà versarne 2'130. Sull’arco di un anno sono 1'600 franchi.
Un salasso, considerando che negli ultimi tempi le famiglie sono già confrontate con gli aumenti considerevoli delle tariffe di nafta, gas ed elettricità.
Il tasso ipotecario di riferimento: cos’è, come funziona, cosa succede se aumenta
La causa dell’imminente aumento, come già accennato, è l’aumento del tasso ipotecario di riferimento.
Quest’ultimo, introdotto nel 2008, è stato ideato per regolare più efficacemente gli adeguamenti delle pigioni in base ai cambiamenti del tasso ipotecario. Corrisponde alla media dei tassi ipotecari dalle banche ed è ogni volta calcolato arrotondando il tasso medio al quarto di punto percentuale più vicino.
Da marzo 2020 l'indicatore calcolato dall'Ufficio federale delle abitazioni (UFAB) è al suo minimo storico dell'1,25% (era al 3,5% quando è stato creato). Visto che i tassi medi rilevati delle ipoteche stanno aumentando dovrebbe però salire all'1,50%, proprio in virtù del meccanismo illustrato precedentemente.
Una cattiva notizia per gli inquilini, una buona per i proprietari. Questi infatti, nel caso in cui il valore venisse effettivamente corretto al rialzo, sarebbero autorizzati ad aumentare la pigione del 3,0%. Sempre a patto che abbiano trasferito le riduzioni precedenti.
Possibili scenari
Attualmente, stando a una stima della banca cantonale di Zurigo (ZKB), ben quasi la metà dei contratti di locazione si basa sul presente tasso di riferimento.
Contratti che probabilmente riceveranno qualche ritocchino. Molti fra i grandi proprietari infatti seguiranno il tasso di riferimento procedendo ad un aumento. Lo sostiene l’agenzia finanziaria Awp, che ha condotto a questo riguardo un sondaggio a metà aprile.
I locatori si difendono, e sostengono che negli ultimi anni gli inquilini hanno beneficiato di affitti più bassi grazie al calo dei tassi d’interesse sui mutui. Inoltre, con l’aumento dei costi di finanziamento - argomentano sempre i proprietari - è anche comprensibile che il pendolo, ora, oscilli nella direzione opposta.
L’inflazione fa la sua parte
L’aumento degli affitti, tuttavia, non è determinato unicamente dal tasso ipotecario di riferimento. Anche l’inflazione fa la sua parte.
In Svizzera, tra aprile e maggio, l’aumento generalizzato dei prezzi toccava il 2,7%. Un valore inferiore a quello registrato nell’Eurozona (7%) e negli USA (4,9%), ma da monitorare.
L’inflazione può essere in parte scaricata sul locatario, nella misura del 40%. Nell’esempio esposto all’inizio dell’articolo – in cui non è stato ipotizzato alcun adeguamento dell’affitto da marzo 2020 – ciò equivale a un altro buon 2%. Inoltre, i padroni di casa possono anche trasferire gli aumenti generali dei costi, aggiungendo altri punti percentuali attraverso il ricorso di un tasso forfettario dello 0,5% annuo.
Sulla questione, salata, si è pronunciato anche l’UFAB, che ha voluto rassicurare gli inquilini. Una modifica del canone, ha indicato un portavoce all’Awp, può essere valutata solo in base al caso specifico.
Un dilemma economico per la Banca nazionale svizzera
La situazione preoccupa gli economisti. Secondo gli esperti di Raiffeisen, ad esempio, la crescita del costo delle pigioni potrebbe alimentare l’inflazione in autunno.
Questo mette la Banca nazionale svizzera (BNS) di fronte a un dilemma. “Attraverso l’aumento dei tassi d’interesse” l’istituto vuole raffreddare l’economia, mentre “con lo scatto del tasso ipotecario di riferimento” potrebbe surriscaldarla.
Un operato ambiguo che ha portato gli economisti di Raiffeisen a ritenere la stessa BNS un “motore dell’inflazione”.
Come noto la BNS ha proceduto a quattro aumenti dei tassi nell'ultimo anno, operando un primo rialzo il 16 giugno 2022 (da -0,75% a -0,25%), un secondo il 22 settembre (da -0,25% a +0,50%), un terzo il 15 dicembre (da +0,50% a +1,00%) e un quarto il 23 marzo 2023 (da +1,00% a +1,50%).
Non sono esclusi ulteriori ritocchi in futuro, ha fatto sapere l'entità guidata da Thomas Jordan. Il prossimo cruciale esame della situazione economia e monetaria è in agenda il 22 giugno: vista l'inflazione tuttora elevata, gli esperti si aspettano un ulteriore ritocco verso l'alto del tasso guida.
Radiogiornale 12.30 del 27.05.2023
RSI Info 27.05.2023, 14:39