“Lei sa cosa è successo al kibbutz Nir Oz?” mi chiede il padre di Doga Alfassa a intervista finita, quando l’operatore ed io ci apprestiamo a salire in macchina.
“Le persone che si erano nascoste, sopravvivendo così ai terroristi di Hamas, sono state scoperte dalla gente che il 7 ottobre è fuoriuscita da Gaza ed è venuta a rubare, li hanno rapiti o consegnati a Hamas. Dove sono quindi gli innocenti?”
La domanda, lanciata nell’aria umida della sera di Israele, risuona ancora nella mia mente perché l’idea che tutti gli abitanti di Gaza siano colpevoli del massacro del 7 ottobre è quello che molti israeliani oggi credono ed è probabilmente parte della spiegazione del perché la risposta israeliana è così violenta, con circa 30’000 vittime secondo Hamas, una cifra che per l’ONU e HRW potrebbe essere sottostimata.
Come il padre, anche Doga non ha l’aria di essere un’estremista, ma la sua aria seria, a tratti cupa, fa trapelare il trauma che ha vissuto e che l’accompagna: “Sai dov’era mia zia Maya il 7 ottobre? Anche se era Shabbat, era andata all’asilo dove lavorava per preparare tutto per l’arrivo dei bambini il giorno dopo”. Maya è stata rapita a Gaza, ma lo Tsahal, l’esercito israeliano, ha comunicato alla famiglia che secondo le loro informazioni è deceduta, da allora gli Alfassa aspettano di riavere il suo corpo.
“Non si può parlare con un’organizzazione che è venuta e ha ammazzato bambini e anziani, che ha decapitato bambini” dice Doga, riferendosi ai fatti del 7 ottobre, ma citando inconsapevolmente anche delle fake news: non sono mai stati ritrovati i 40 bambini decapitati, anche se all’inizio si era diffusa questa informazione, poi smentita dal governo. La giovane è palesemente divisa sul da farsi, sa che la soluzione per riportare a casa gli ostaggi [nel suo caso, il corpo di Maya e anche un cugino acquisito] “è probabilmente un accordo” ma allo stesso tempo non può permettere che non si vada “fino in fondo a Rafah con un’operazione per sbarazzarsi di Hamas”.
“Non possiamo permettere che Hamas continui a controllare Gaza, che è quello che chiedono ora in cambio dei nostri ostaggi, -ci dice- perché se Hamas rimarrà indisturbata non solo le persone che vivono di fianco a Gaza saranno colpite di nuovo, non solo i cittadini di Gaza saranno schiacciati da un regime oppressore, ma ogni gruppo terroristico al mondo vedrà che possono fare le cose più orribili e non pagare il conto”.
Doga partecipa ogni settimana ai picchetti sulla frontiera di Gaza per impedire che entri l’aiuto umanitario per la popolazione, le chiedo se non ha paura che muoiano ancora più civili che magari non hanno relazione con il gruppo terroristico: “Tanto quegli aiuti non li vedrebbero comunque, sappiamo benissimo che finiscono direttamente in mano ad Hamas” risponde con grande sicurezza, senza apportare prove.