Analisi

Il futuro del Nordstream passa per Zugo 

La riapertura del gasdotto, sabotato nel 2022, stimola gli appetiti di Berlino (e non solo): il fallimento della società russa previsto a gennaio è stato rinviato a maggio dal tribunale zughese

  • Oggi, 05:38
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Se Nordstream AG fosse stata liquidata già in gennaio, sia Gazprom - che controlla la società - sia i creditori europei avrebbero perso ogni possibilità di riportare in vita il gasdotto

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Di: Stefano Grazioli 

Il sabotaggio del gasdotto Norstream nel settembre 2022 è stato il più grande atto terroristico contro un’infrastruttura civile in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. I due bracci della pipeline che collegava direttamente Russia e Germania sono stati fatti saltare nelle acque del Mar Baltico da un commando speciale e la Procura generale tedesca ha emesso la scorsa estate un mandato di cattura contro uno dei membri, un cittadino ucraino, Volodymyr. S, riuscito a sfuggire all’arresto con l’apparente complicità delle autorità polacche, che nonostante la richiesta di Berlino non sono riusciti a fermarlo.

Se le inchieste giudiziarie e quelle giornalistiche, tedesche e statunitensi, hanno chiarito come la pista degli autori materiali portasse a Kiev, con un alto ufficiale dei servizi segreti ucraini, Roman Chernivsky, a guidare l’operazione, la questione della responsabilità ultima non è mai stata approfondita: appare in ogni caso evidente che un’impresa di tale portata, sia per la complessità tecnica che per il suo valore politico, non può non essere stata autorizzata, esplicitamente o meno, dai vertici politici e militari ucraini. In ogni caso la vicenda ha segnato l’inizio della fine dell’equilibrio energetico tra Russia ed Europa, con il progressivo disaccoppiamento e la forte riduzione dell’import di gas russo da parte dei paesi dell’Unione.

Pressioni tedesche

Con la prospettiva della fine della guerra in Ucraina, la questione di Nordstream e della sua possibile utilizzazione futura sta tornando però d’attualità, accompagnata anche da mosse concrete che fanno pensare appunto al fatto che il gasdotto possa essere prossimamente riportato all’operatività. Qualche settimana fa il primo passo è stato fatto dal Tribunale cantonale di Zugo, dove è registrata Nordstream AG, la società controllata dal colosso russo Gazprom, che ha rinviato a maggio le procedure per il fallimento formale dell’azienda: da parte tedesca sarebbe stato manifestato infatti l’interesse a continuare a utilizzare la pipeline. In teoria già a gennaio Nordstream AG avrebbe dovuto essere liquidata e sia Gazprom che i creditori europei, le aziende coinvolte nel progetto, avrebbero così perso ogni possibilità di riportarlo in vita.

Riparazioni russe

Il prolungamento è stato voluto dalla società tedesca Uniper, la cui supervisione spetta al Ministero federale delle finanze di Berlino. Entro maggio sarà dunque il nuovo governo tedesco, che uscirà dalle elezioni prossime del 23 febbraio, a formulare più concretamente gli interessi in gioco. Intanto però c’è già chi si è portato avanti ed è proprio la Russia, che ha ottenuto due settimane fa il permesso da parte della Danimarca, nelle cui acque passano i tubi danneggiati, per procedere appunto alle riparazioni necessarie. Il 28 gennaio scorso l’Agenzia danese per l’energia ha concesso a Gazprom l’autorizzazione a una serie di condizioni volte a garantire il funzionamento in sicurezza del gasdotto, con la richiesta della presentazione di un piano annuale per il monitoraggio dei lavori. Nord Stream AG prevede di realizzare le opere nel secondo o terzo trimestre del 2025.

Futuro incerto

Tonerà quindi presto in funzione Nordstream e riprenderà l’import tedesco di gas russo alla fine della guerra? È presto ovviamente per dirlo. Se da una parte ci sono comunque i tempi tecnici, dall’altra il problema maggiore è quello politico: anche in una futura cornice di pace, un rapporto energetico stretto tra Russia e Germania non avrebbe vita facile e come negli anni passati troverebbe resistenza sia Oltreoceano che nella Mitteleuropa, tra paesi baltici, Polonia e Ucraina. Ammesso e non concesso però che prima o poi si arrivi a una normalizzazione delle relazioni tra Mosca e l’Europa, in un contesto di una nuova architettura di sicurezza continentale condivisa, allora anche Nordstream potrebbe ricoprire un ruolo importate, proprio per il fatto che il gas russo, anche solo per questioni tecniche e geografiche, è meno costoso di quello liquefatto importato dagli Stati Uniti o dai paesi del Golfo. Saranno perciò le valutazioni economiche ad avere un peso decisivo nella formulazione degli interessi nazionali.

La Germania potrebbe eventualmente puntare anche all’utilizzo del gasdotto per il trasporto di idrogeno, sia dalla Russia che dai paesi scandinavi, ma le incognite su questo terreno sono ancora molte, a partire naturalmente dalla questione della proprietà e della gestione futura di Nordstream. Sul tavolo delle ipotesi dopo l’eventuale liquidazione anche quella della messa all’asta della pipeline, alla quale potrebbero partecipare anche investitori statunitensi, come Stephen Lynch, vicino a Donald Trump, che lo scorso novembre ha espresso interesse per i tubi in fondo al mar Baltico.

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