Le misure relative al "regime operativo antiterrorismo" introdotte sabato a Mosca e nella sua regione in seguito alla rivolta del gruppo paramilitare Wagner e del suo leader Evgeni Prigozhin sono state revocate lunedì mattina. Lo ha annunciato il sindaco Sergei Sobyanin. Sono state tolte le restrizioni anche nella zona di Voronezh. Intanto il ministro della difesa Sergei Shoigu - con il capo di stato Valeri Gerasimov bersaglio numero uno dell'attacco frontale lanciato da Prigozhin - è apparso in un video in cui lo si vede visitare le truppe al fronte. La data delle riprese non è certa.
Il ministro della difesa Sergei Shoigu
Sono immagini significative, secondo Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana di difesa, intervenuto a Modem della RSI: "Sembrerebbe che Shoigu resti al suo posto e che quindi la sedizione non abbia ottenuto uno dei suoi obiettivi principali".
"Un potere privato ha sfidato quello pubblico"
Per il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, che ha parlato lunedì durante una visita a Vilnius, quanto accaduto sabato evidenzia una volta di più "l'errore fondamentale" dell'invasione dell'Ucraina. Nell'analisi di Batacchi, "c'è stata una rivolta di un potere privato, che aveva raggiunto una soglia di forza molto elevata, contro un potere pubblico legittimo" e questo perché il secondo aveva deciso che Wagner (il potere privato) doveva rientrare nei ranghi del Ministero della difesa a partire dal 1° luglio.
Vladimir Putin
E a questo punto sembra che Prigozhin abbia "perso completamente la sua sfida" perché il Cremlino ha preso una decisione "di natura opposta a quello che lui chiedeva" e la sua stessa sorte, "il transito verso la Bielorussia e poi chissà dove", è indicativa. Secondo l'analista, di fronte al fatto che Vladimir Putin è rimasto saldo sulle sue posizioni il capo della Wagner si è dovuto chiedere "cosa fare?", non avendo trovato il sostegno sperato.
E quanto alla mancata resistenza incontrata fino all'occupazione di Rostov e all'inizio della marcia su Mosca, l'esperto ritiene che entrambe le parti, tanto Wagner quanto lo Stato russo che comunque sono state per anni "fianco a fianco", volessero evitare "un bagno di sangue" fratricida e che quindi il Cremlino abbia dato la priorità alla via del dialogo.
"Ancora molti aspetti non chiari"
La lettura di Batacchi si basa sugli elementi per ora disponibili, perché "siamo ancora nel campo delle congetture" e ci sono "tanti aspetti non chiari". Non solo la destinazione finale di Prigozhin stesso - che non si è più visto dopo aver lasciato in SUV Rostov - e il contenuto dell'accordo e delle eventuali garanzie dategli dal Cremlino. Ma per esempio anche la sorte degli uomini della Wagner, sia quelli impegnati al fronte in Ucraina che quelli, in Siria come in Africa, costituiscono di fatto uno strumento della politica estera russa. Una parte almeno di essi dovrebbe firmare un contratto con il Ministero della difesa, come auspicato da Mosca.
Così non è da escludere che si possa assistere prossimamente a una sostituzione di Shoigu e/o Gerasimov. Al posto del primo, il sito russo Meduza ipotizza per esempio già che possa essere nominato il governatore di Tula Alexei Dyumin.
L'enigma Prigozhin
Modem 26.06.2023, 08:30
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Il capo del SIC Dussey: "Presto per giudicare le conseguenze"
Sulla questione è stato interpellato anche il capo dell'intelligence svizzera Christian Dussey, già analista per i servizi della Confederazione ai tempi delle crisi del 1991 e del 1993 a Mosca. A suo avviso l'escalation è terminata e siamo in una fase di normalizzazione. Per valutare l'impatto della "più grande sfida interna" che Vladimir Putin ha dovuto affrontare da quando è salito al potere 20 anni fa è ancora troppo presto, secondo Dussey. Ma sia nel 1991 che nel 1993 a lungo termine si è assistito a un rafforzamento del potere centrale.
RG 12.30 del 26.06.2023 La voce di Christian Dussey
RSI Info 26.06.2023, 12:25
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