La nuova presidenza siriana, che cerca di unificare il Paese dopo 13 anni di guerra civile, ha annunciato un accordo per integrare in seno allo Stato le istituzioni civili e militari dell’amministrazione autonoma curda, che governa de facto una vasta area del nord del Paese al confine con la Turchia. Sono compresi “i posti di frontiera, l’aeroporto e i campi petroliferi e di estrazione del gas”.
L’intesa è stata firmata dal presidente ad interim Ahmed al Sharaa e dal capo della Forze democratiche siriane Mazlum Abdi, secondo il quale si tratta di “una vera opportunità”. Garantisce ai curdi di essere “una componente essenziale dello Stato siriano (...), di godere di cittadinanza e diritti democratici”. Stipula infine il sostegno alla lotta a quel che resta del vecchio regime di Bashar al Assad rovesciato in dicembre.
Sotto questo aspetto, il momento in Siria è particolarmente delicato e segnato da tragiche violenze commesse nei giorni scorsi ai danni della comunità alawita, la stessa dalla quale proviene Assad. L’operazione militare di cui le nuove autorità di Damasco hanno decretato la fine lunedì sera era scattata dopo un attacco dei partigiani dell’ex dittatore contro le forze di sicurezza presso Latakia ma è stata seguita da sanguinose rappresaglie sui civili, comprese esecuzioni sommarie, con un bilancio accertato di oltre 1’000 morti. I curdi stessi avevano condannato queste violenze.

Siria: massacro di civili?
Telegiornale 09.03.2025, 20:00