Il presidente russo Vladimir Putin ha attribuito per la prima volta la responsabilità del sanguinoso attentato del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca all’estremismo islamico. Allo stesso tempo, tuttavia, ha rilanciato i sospetti su Kiev, affermando che l’inchiesta dovrà appurare “chi è il mandante” della strage. “Dobbiamo rispondere alla domanda sul perché i terroristi abbiano cercato di fuggire in Ucraina e chiarire chi li aspettasse lì”, ha dichiarato ancora il presidente durante un incontro con i suoi collaboratori sulle misure da adottare dopo l’attentato.
Putin ha poi chiesto ai suoi collaboratori in videoconferenza “chi beneficia di tutto questo?”. Non ha in seguito risparmiato critiche agli Stati Uniti d’America, intenti “a convincere tutti” dell’estraneità di Kiev nella strage.
Su questo punto è tornato il portavoce per la politica estera dell’Unione Europea Peter Stano, che ha ribadito il non coinvolgimento ucraino nell’attentato: “Non vi è alcuna prova che l’Ucraina sia in qualche modo collegata a questi attacchi”, ha dichiarato, per poi invitare il governo russo a “non utilizzare gli attacchi terroristici a Mosca come pretesto o motivazione per aumentare l’aggressione illegale contro l’Ucraina”.
Intanto, i quattro tagiki accusati di essere gli esecutori dell’attacco sono apparsi in tribunale con visi gonfi, occhi tumefatti e bendature. Uno di loro è stato presentato di fronte alla Corte moscovita in sedia a rotelle.
Il numero di morti lunedì è salito a 139 con circa 180 feriti. Sempre lunedì, inoltre, altri tre uomini sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta delle autorità russe.
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