Mercoledì sera è rientrato dall'Ucraina anche l'ambasciatore svizzero Claude Wild, dopo un viaggio difficile e pericoloso. Simona Cereghetti ha raccolto per la RSI la sua testimonianza e le sue considerazioni su quanto sta accadendo nel Paese.
Alla domanda "quale è stato il momento più difficile", l'ambasciatore Claude Wild non ha esitato un secondo. "Lasciare l'ambasciata. Ma in quel momento, ce n'è stato uno buono. Dieci minuti prima della partenza, abbiamo ancora potuto trasferire una famiglia svizzera con un neonato. E solo per questo è valsa la pena rimanere cinque giorni in più del previsto".
L'obiettivo iniziale era quello di rimanere. "Noi volevamo restare, - dice l'ambasciatore - ed è per questo che Berna ci ha inviato dei soldati. Le unità speciali sono arrivate non per portarci via, ma per garantire la nostra sicurezza, affinché potessimo continuare a fare il nostro lavoro in una situazione difficile: aiutare la gente e riportare in Svizzera tutti gli svizzeri che erano ancora a Kiev".
Ma poi, di fronte a una situazione che non faceva e che non fa che peggiorare, si è deciso di partire. "Quando abbiamo visto i cannoni di artiglieria russi che si avvicinavano, lo scenario della capitale cecena Grozny era nelle teste di molti -spiega Claude Wild -. E lì ci siamo detti " ora dobbiamo uscire". Noi eravamo gli ultimi cinque: io, due ufficiali dell'unità speciale, uno specialista dell'aiuto umanitario e uno della gestione di crisi. Eravamo un buon team. Valutavamo la situazione ogni 4 ore, ricevevamo un ottimo supporto dal centro di crisi del Dipartimento degli affari esteri, che poteva verificare le nostre decisioni sul posto. E abbiamo preso le decisioni giuste".
L'alto diplomatico non ha perso la speranza in un cessate il fuoco, benché i segnali sul terreno indichino tutt'altra direzione. "L'esercito russo ha il totale controllo dello spazio aereo e ha dei mezzi di artiglieria enormi - sottolinea l'ambasciatore -. E se non ce la fa a rompere le linee del fronte ucraino, che resistono in modo ammirevole, utilizzerà tutti i mezzi a disposizione come ha fatto a Grozny. Ed è uno scenario da temere e da evitare. E la mia speranza è che - attraverso i negoziati - si ottengano almeno un cessate il fuoco e la creazione di corridoi umanitari".
E in tutto questo ci sono persone pronte a tutto per difendere la loro libertà. "Non vogliono sacrificare, senza combattere o morire, tutto quello che hanno conquistato in questi ultimi trent'anni, - ricorda Wild - e soprattutto in questi ultimi otto anni dalla rivoluzione del 2014. È da molto tempo che sognavano di poter godere dei valori occidentali ed erano sulla buona strada, e noi insieme a loro a sostenerli. Un motivo per organizzare la conferenza sull'Ucraina a Lugano a luglio, che non abbiamo ancora annullato perché l'Ucraina esiste ancora e continueremo ad aiutarla".