Ticino e Grigioni

Il complicato accompagnamento dei rom ucraini

Tra i profughi con statuto S in Ticino, un’ottantina proviene dalla Transcarpazia: parlano solo ungherese e sono analfabeti - A colloquio con la cooperativa Baobab, che si occupa di sostenerli

  • 3 ore fa
06:43

SEIDISERA DEL 12.01.2025 - Le considerazioni di Alessandra Gregorio (Baobab), Fabio Turco e Renzo Zanini (Ufficio richiedenti asilo)

RSI Info 12.01.2025, 17:06

  • Lisa Regazzi/cooperativabaobab.ch
Di: Francesca Calcagno e Luca Berti/RSI Info 

Dopo quasi tre anni di guerra, in Svizzera e in Ticino continuano ad arrivare profughi con statuto S. Sono una cinquantina al mese, tanti quanti sono quelli che lasciano il territorio. Il movimento di persone è importante e lo è ancora anche il dispositivo d’accoglienza. In un recente rapporto del Consiglio di Stato si parla di una particolare categoria di popolazione che necessità più di altre di accompagnamento sociale: sono i rom ucraini che vengono dai Carpazi, una regione al confine con l’Ungheria.

Si stima che in Ticino ci siano 15 nuclei familiari (circa 80 persone), ripartiti su tutto il territorio. Parlano quasi solo ungherese e sono analfabeti. Nel Sopraceneri li accompagna nella vita di tutti i giorni Alessandra Gregorio operatrice della cooperativa Baobab che, su mandato del Cantone, gestisce il servizio di accompagnamento psicosociale all’integrazione dei rifugiati con statuto S e che sono in situazione di fragilità. 

La difficoltà a mantenere la relazione  

La sfida – per gli operatori sociali – è riuscire a guadagnare la fiducia delle famiglie che soggiornano ormai già da diversi mesi in Ticino. “Non è difficile entrare in contatto con loro”, ci ha raccontato Alessandra Gregorio, “è difficile mantenere una relazione duratura perché c’è molta diffidenza e paura dell’autorità”. Vivere senza sapere né leggere né scrivere, poi, è decisamente complicato in una società in cui la burocrazia è tanta, tutti danno per scontato che un’informazione scritta sia acquisita o acquisibile e il rispetto degli orari è fondamentale. Da qui derivano le difficoltà, che sono quotidiane: “Bisogna accompagnarli di persona all’inizio del percorso, andare insieme dal medico o prediligere la comunicazione tramite messaggeria istantanea rispetto alle raccomandate”, aggiunge Gregorio. Di fatto, non è facile né per queste persone né per il sistema capire quali siano le risorse corrette da impiegare. 

I progressi sono tangibili  

A darci la dimensione delle differenze culturali è una storia che ci racconta sempre Alessandra Gregorio dell’associazione Baobab. Il momento in cui una giovane donna rom ucraina le ha fatto vedere “con occhi lucidissimi” la sua prima ecografia. Aveva già partorito sette figli senza mai aver fatto un esame preventivo. Al netto di tutte le difficoltà di convivenza reciproca, i progressi ci sono e si vedono nella vita quotidiana “con tanto tempo, pazienza e stando nella relazione”.  

Chi sono i rom ucraini

Provengono dalla Transcarpazia, remota regione occidentale dell’Ucraina confinante con Ungheria, Slovacchia, Polonia e Romania. Terra da sempre soggetta ad occupazioni, annessioni, accordi diplomatici e quindi a cambiamenti di bandiera. Le stime ufficiali parlano di 40mila persone, anche se è plausibile pensare che siano 10 volte tanto. I rom vi si sono insediati nel XV secolo e per la maggior parte parlano ungherese, la lingua della nazione con cui hanno intrecciato maggiormente la loro storia. Nel 2010 il primo ministro magiaro Viktor Orban, in una mossa all’epoca molto contestata, ha concesso loro il passaporto con l’obiettivo di ampliare il più possibile il bacino elettorale. La misura, nei fatti, ha complicato ancora di più la già delicata questione identitaria di questo popolo. Troppo ucraini per i russi ai tempi dell’Unione Sovietica, troppo ungheresi per gli ucraini e troppo zingari per gran parte degli ungheresi.  

In Ucraina, i rom lamentano scarsa tutela e difficoltà a trovare un posto di lavoro. La variante della lingua da loro parlata non rientra tra quelle protette dal governo e non è possibile utilizzarla a scuola. L’invasione russa dell’Ucraina ha peggiorato la situazione. Per molti di loro è stato naturale scappare in Ungheria, dove però non possono godere dello status di rifugiati proprio perché in possesso della cittadinanza. L’estate scorsa il governo di Budapest ha cambiato il sistema di alloggi sovvenzionati dallo Stato, lasciando molti di loro senza casa e costringendoli a tornare in Ucraina, da dove ora però scappano di nuovo. 

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