La storica piscina di Carona è al centro di un’intensa diatriba. Lugano l’ha ereditata con l’aggregazione, ma quest’anno intende tenerla chiusa. La Città vuole infatti rilanciare l’impianto balneare con dei partner privati, realizzando un cosiddetto “glamping”, ossia un campeggio in stile glamour. Questa scelta è però osteggiata da diverse cittadine e cittadini che hanno inoltrato ricorso, creando un’impasse da cui non si riesce a uscire.
La piscina
La piscina di Carona ha una storia di 55 anni di unicità e bellezza. È un centro balneare apprezzato da tutti: luganesi, italiani e svizzero tedeschi. Negli anni d’oro accoglieva la folla e oggi conta intorno alle 30mila presenze in due mesi. Non fa utili, ma nessun lido lo fa. Il disavanzo di spesa è di 150mila franchi. Ma il problema è un altro: è vetusta. Da tempo necessita di interventi, ma si litiga su come farli: con un risanamento minimo o con un rifacimento totale, cedendo una parte in affitto al TCS?
Il progetto
La volontà della Città è proprio questa: rilanciare piscina e parco con un investimento plurimilionario. Ma non intende farlo da sola, bensì con l’aiuto di un privato, nel caso specifico con il Touring Club Svizzero. “L’investimento solo della città per tenere aperta la piscina, secondo noi, non si giustificava senza qualcosa che desse un valore aggiunto” ci dice ai microfoni di Falò il vicesindaco Roberto Badaracco, che sottolinea il vantaggio di riuscire a prolungare di parecchi mesi la stagione turistica. E così, parte del parco vedrebbe comparire 32 bungalow e casette sugli alberi in stile glamping per un campeggio con il comfort di un hotel e lo charme di un lodge. I costi sono importanti: 10,5 milioni di franchi di investimento per la città (a fronte dei 6 milioni del TCS) per rifare piscine, impianti, ma anche edifici e ristorazione. Per il direttore della Divisione sport di Lugano, Roberto Mazza, con questo rifacimento totale (e non solo con la ristrutturazione delle piscine) aumenterebbero anche i frequentatori. “L’auspicio è che si torni a vivere i magnifici anni ’80 e ’90, quando tutti venivamo a Carona” ci ha detto, “ci siamo resi conto che con l’ammodernamento delle strutture del Lido di Lugano e con la nascita della piscina di Capriasca, queste cifre non si potevano più recuperare.”
La piscina come appare ora
Gli oppositori
Questo ha fatto arrabbiare molte cittadine e cittadini di Lugano e di Carona in particolare: non piace il progetto TCS dentro a un comparto protetto, non vedono la necessità di un rilancio turistico per il quartiere, ma soprattutto non vedono la necessità di cedere una parte a privati. Da qui il ricorso inoltrato da una ventina di cittadine e cittadini contro la modifica del piano regolatore, necessaria per inserire in zona piscina il glamping. “Lugano ha più di 60’000 abitanti e non si può permettere una piscina che ha un costo di 150’000 franchi all’anno?” ci dice indignato Nicola Morellato, uno dei ricorrenti, nonché rappresentante dell’Associazione Per Carona. E continua: “Un ospedale è un costo, una scuola è un costo, una strada è un costo, una piscina è un costo, quindi partire dal presupposto che un servizio non debba fare deficit è una visione di cui non mi capacito.”
I costi
Uno dei nodi della questione è il finanziamento della struttura. L’investimento del privato è di quasi la metà rispetto a quello del pubblico. Il TCS pagherebbe sì un affitto e parteciperebbe ai costi di mantenimento del verde, ma in 40 anni di diritto di superficie non arriverebbe a coprire nemmeno la metà di quanto investito dalla Città. Per Morellato non è nel pubblico interesse una cosa del genere “perché noi cittadini paghiamo l’investimento e l’infrastruttura e il beneficio principale ce l’ha il privato”. Ma per la città, e per bocca del vicesindaco Badaracco, è comunque meglio di niente: “Se avessimo fatto solo noi non avremmo avuto neanche questi introiti, a cui si aggiungeranno le ricadute socio-economiche del tempo libero e del turismo.”
Il ricatto
Parte della cittadinanza del quartiere di Carona si sente tradita. Lugano, al momento dell’aggregazione, aveva promesso e garantito la piena efficienza della piscina. Oggi ci si ritrova invece con la città che promette di mantenerla, ma solo a condizione che si accetti un rilancio con i privati. Da qui quello che si può leggere come un ricatto: “O ritirate i ricorsi, o chiudiamo”. Non si intende aprire la piscina fino a quando la vertenza non sarà conclusa, mancano i soldi. “Siamo in grossi problemi economici, l’ente pubblico deve fare una valutazione complessiva di quali siano gli investimenti indispensabili e giusti”, ci dice Badaracco, intendendo che questo della piscina non lo è, scontentando tutti.