L'inviato dell'ONU Tor Wennesland ha scritto in un rapporto che il 2022 può già essere definito l'anno più sanguinoso per i palestinesi della Cisgiordania. Oltre 300 quelli uccisi dalle forze israeliane, tra cui sei bambini. Una questione annosa - e ancora senza soluzione - che però per Israele, che fra tre giorni andrà alle elezioni, è ormai marginale. È quanto pensa Jeff Halper, attivista israelo-americano, fondatore del comitato contro la demolizione delle case palestinesi, intervistato a Gerusalemme dalla inviata della RSI Paola Nurnberg.
L'attivista israelo-americano Jeff Halper
"Quello che è successo negli ultimi 10 anni, specialmente con Netanyahu, è che la questione palestinese è stata completamente marginalizzata per gli israeliani. E’ un non problema. Nessuno ci pensa, nessuno se ne preoccupa, l’occupazione israeliana non è nemmeno più un tema menzionato dai movimenti di sinistra come Meretz. I temi che interessano sono l’economia, le donne, l’integrazione degli immigrati, come gli etiopi ebrei, o le disuguaglianze sociali. I palestinesi sono completamente irrilevanti".
Quali sono i temi più caldi per il paese?
"Il quotidiano Haaretz nelle elezioni precedenti aveva fatto un sondaggio chiedendo quali fossero le questioni più urgenti per gli elettori, e l’occupazione israeliana, il processo di pace e i palestinesi si trovavano all’undicesimo posto. Quindi questo ci dice che non è più un problema. In altre parole, quello che è successo, è che è stato tutto normalizzato".
Di chi è la responsabilità di questo cambiamento?
"Israele controlla tutto il Paese, dal Mediterraneo al fiume Giordano. Non c’è nessuna opposizione da parte della comunità internazionale, dell’Unione europea o degli Stati Uniti - che hanno anzi spostato l’ambasciata a Gerusalemme. Israele ha normalizzato i rapporti col mondo arabo, i palestinesi sono stati completamente marginalizzati, messi a vivere in un confino in quello che è uno stato di apartheid. Il nostro è uno Stato di apartheid stabile".
Lei ha pubblicato un libro che si intitola “Decolonizzare Israele, liberare la Palestina”. Ma crede che i anche i palestinesi abbiano delle responsabilità?
"I palestinesi che vivono in Israele si definiscono loro stessi arabi e non si chiamano più palestinesi. I partiti arabi, i partiti islamici, hanno un’agenda integrata nelle politiche israeliane e non menzionano più l’occupazione e i palestinesi, non c’è più un processo di pace, dei negoziati e, anche di fronte a una prospettiva di negoziati, si continuano a costruire insediamenti nei territori e a incorporarli. Non diciamo nemmeno più Cisgiordania, ma Giudea e Samaria, e qui, in Giudea e Samaria, vivono 800'000 israeliani…. I palestinesi sono stati confinati, anche se sono la maggioranza di questo paese. Il 51-52% per cento di loro vive nel 15% del territorio. Ovvero in alcune zone della Cisgiordania, la Striscia di Gaza e in Israele. Mentre i palestinesi di Israele che rappresentano un quinto della popolazione, il 20%, vivono confinati nel 3,5% del territorio".
Perché lei allora, fa ancora l’attivista?
"I palestinesi hanno un enorme sostegno nel mondo, tra la gente, Israele ha solo il sostegno dei governi, quindi appare molto forte per questo ma in realtà si tratta di un sostegno molto superficiale. Quindi, i palestinesi hanno dalla loro parte l’opinione pubblica. Quello che gli manca, è un programma politico. Se posso aggiungere una cosa però, anche se non rappresento i palestinesi, è che sono proprio loro a non crederci più. Molti palestinesi dicono ogni soluzione è un’utopia. Dicono, non saremo come Israele, come gli Stati Uniti, o come la comunità internazionale e quindi molti di loro sono diventati apolitici e hanno perso interesse. Poi c’è da dire che in un certo senso essere così repressi, nei territori, a Gaza o nei campi profughi, che non hanno più lo spazio mentale per pensare in termini politici, perché devono sopravvivere".
Cosa pensa di Mahmoud Abbas?
"L’Autorità nazionale palestinese collabora con loro, con Israele. Intendo dire che Abu Mazen, Mahmoud Abbas, il presidente, è anche a capo dell’OLP - l’Organizzazione per la liberazione della Palestina – e il presidente dell’OLP collabora con Israele. Dove vuoi andare se sei un palestinese? E la sua è una leadership che non regge più. L’80% dei palestinesi vorrebbe che se ne andasse…Forse l’unico partito che vede ancora i palestinesi come un problema sono i sionisti religiosi, i coloni. Ora hanno un partito che è davvero un partito fascista. Si chiamano il partito del sionismo religioso che nome per un partito. (E ride). E rappresentano i coloni, con personaggi come Ben Gvir… La forza trainante nel completare questo processo di colonialismo di apartheid. Loro parlano di palestinesi ma solo per cacciarli, e vogliono avere influenza nel Governo, solo che non ne hanno bisogno dato che il Governo già lo fa, e ha in progetto di prendere l’intero controllo di tutta la “Giudea e Samaria”".