Il presidente Vladimir Putin si è detto disposto a sedersi al tavolo delle trattative per risolvere la crisi ucraina, ma alle sue condizioni. Rimane però spazio per la diplomazia, dopo che il riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste nel Donbass e l'annullamento dell’incontro fra il segretario di stato americano Antony Blinken e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov? Il radiogiornale ha interpellato l'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, per cinque anni rappresentante permanente dell'Italia presso l’Unione europea e presidente dell’istituto affari internazionali:
"Gli spazi sono esigui, direi minimi, ma esistono ancora. La precondizione affinché si possa aprire un minimo di dialogo tra la Russia e l'Occidente, la NATO e gli Stati Uniti, è che si blocchi qualsiasi ulteriore iniziativa militare sul terreno. Che la situazione si stabilizzi. Evidentemente Putin non può fare marcia indietro sul riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, ma dovrebbe almeno garantire formalmente che non ci saranno ulteriori estensioni dell’iniziativa militare sul terreno".
Un’estensione che potrebbe manifestarsi con un’eventuale invasione di parti o della totalità dell’Ucraina… Sarebbe comunque una situazione difficilmente sostenibile, se non con costi altissimi militari ed economici: la ricerca di vie diplomatiche resta forse l’unica via praticabile?
"L'opzione più pericolosa che potrebbe rimettere in discussione la via del dialogo e della diplomazia è che Putin accetti la richiesta che gli è stata formulata dai leader separatisti, di estendere il territorio attualmente sotto il controllo di queste due repubbliche. Sappiamo che nel Donbass i leader non considerano la linea di demarcazione come il confine naturale delle due repubbliche separatiste. Putin dovrebbe garantire che non ci saranno ulteriori interventi che potrebbero estendere l'operazione militare in Ucraina oltre il territorio attualmente sotto controllo delle due repubbliche separatiste. Questa sarebbe la garanzia minima, poi Putin dovrebbe correggere il tiro rispetto alle dichiarazioni di lunedì scorso, con le quali ha accusato in maniera frontale e direi brutale l'Ucraina, accusandola delle peggiori nefandezze. La strada (per il dialogo, ndr.) c'è ma è molto complicata".
Ferdinando Nelli Feroci
Proprio queste dichiarazioni, oltre all'invio di truppe nel Donbass dopo il riconoscimento delle due repubbliche, non possono essere intese come un rafforzamento delle posizioni di Putin prima di intavolare nuove trattative?
"Sì, non c’è dubbio. L'operazione decisa da Putin lunedì scorso segna un punto a suo favore. Con la dichiarazione di indipendenza e l'invio di truppe sul terreno si segna secondo me anche un passaggio difficilmente reversibile. L'Occidente dovrà accettare di negoziare partendo dal presupposto che gli accordi di Minsk, così come erano stati concepiti nel 2015, non funzionano più. Ma c’è ancora spazio per un accordo, partendo però dal presupposto che la violazione territoriale dell'Ucraina c'è stata e credo sia difficilmente reversibile".
Putin sembra inoltre voler spostare le trattative su un piano più ampio, come l’architettura della sicurezza in Europa…
"L'idea di trovare un accordo con la Russia su una nuova architettura di sicurezza in sé non è sbagliata. Forse meritava di essere presa in considerazione un po' prima anche da parte occidentale. Oggi è molto complicato: c'è stata una modifica della situazione sul terreno e un ulteriore violazione da parte russa dei principi fondamentali del diritto internazionale. Non è quindi un'opzione per domani e nemmeno per le prossime settimane, però resta in campo perché è necessario e opportuno anche nel nostro interesse che si arrivi a definire un sistema di regole condivise per garantire a tutti la sicurezza in Europa".
La cronaca minuto per minuto: L'Ucraina mobilita i riservisti