Salute

Strategie alimentari per tenere a bada la fame

Sazi senza punture, è possibile

  • 7 ottobre, 11:30
Dieta, peso, bilancia, forchetta
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Di: Chiara Jasson 

Si stima che, negli Stati Uniti soltanto, oltre 9 milioni di persone ogni anno intraprendano una terapia farmacologica a base di semaglutide - una molecola appartenente ad una classe di farmaci agonisti del recettore del glucagone peptide-1 (GLP-1) - inizialmente concepita per la gestione del diabete, ma estremamente efficace per la perdita di peso. Come funzionano questi farmaci e che rischi si corrono assumendoli? Ci sono alternative efficaci?

Come funzionano i farmaci che “tolgono la fame” e perché sono così popolari?

I farmaci a base di semaglutide agiscono sui recettori GLP-1 nel pancreas attivando il rilascio di insulina post-prandiale, che aiuta a controllare i livelli di zucchero nel sangue. Questi prodotti agiscono imitando il comportamento dell’ormone GLP-1, rallentando lo svuotamento gastrico in seguito all’assunzione di cibo e riducendo l’appetito mediante l’invio di segnali di sazietà al cervello, portano così al dimagrimento. Non agiscono quindi sulla stimolazione del metabolismo, ma riducono l’appetito e la voglia di mangiare.

Si tratta di farmaci sicuri?

Questi farmaci sono generalmente considerati sicuri, con effetti apparentemente protettivi anche rispetto al rischio di eventi cardiovascolari maggiori (come infarto e ictus), patologie renali croniche e malattie degenerative come Parkinson e Alzheimer, spesso associate a sovrappeso e obesità. Sono tuttavia comuni effetti collaterali lievi come disturbi gastro-intestinali; meno frequenti, ma comunque registrati, anche eventi avversi seri quali paresi dello stomaco e pancreatiti. Va sottolineata anche la mancanza di dati a lungo termine, trattandosi di farmaci relativamente recenti.
Un effetto indesiderato di un dimagrimento veloce come quello indotto da questo tipo di sostanza è la potenziale perdita di massa muscolare. In altre parole, se non associati ad attività fisica regolare e contro resistenza e ad un consumo adeguato di aminoacidi, questi famaci possono causare una perdita di muscolo, portandoci ad essere più leggeri ma paradossalmente “più grassi”.
Per molti pazienti obesi e a rischio elevato di malattie cardiovascolari e metaboliche i benefici di queste sostanze sembrano apparentemente superare i rischi a breve termine. Per chi, invece, avesse bisogno di smaltire un paio di chili di troppo, esistono alternative non farmacologiche.

Quali strategie possiamo adottare a tavola per ottenere effetti simili senza farmaci?

Quando c’è indicazione - chiaramente con l’accompagnamento del proprio medico curante -, intraprendere una terapia farmacologica può dare il via a un cambiamento del proprio stile di vita. Per chi volesse dimagrire in maniera “naturale”, o per chi decidesse di interrompere il trattamento farmacologico, ecco alcuni suggerimenti alimentari che possono aumentare i livelli di sazietà e replicare parzialmente l’effetto del semaglutide.

  1. Incrementare le fibre: le fibre alimentari, specialmente quelle solubili, richiedono tempo per essere digerite e aumentano il senso di sazietà. Un apporto adeguato di fibre ci aiuta a regolare i livelli di zuccheri nel sangue riducendo l’impatto glicemico dei carboidrati che assumiamo.
    Iniziamo quindi ogni pasto con un piatto di verdura, cruda o cotta.
    Tra le principali fonti di fibre troviamo: frutta e verdura, cereali integrali in chicco, legumi, semi e frutta secca oleosa

  2. Un corretto apporto proteico: le proteine sono tra i nutrienti più sazianti perché richiedono più tempo per essere digerite e influenzano positivamente i livelli di ormoni della sazietà.
    Tra le principali fonti proteiche troviamo le carni magre allevate in modo rispettoso, pesce pescato, uova di allevamento all’aperto e in libertà, yogurt greco, skyr e formaggi magri, legumi e derivati.

  3. Preferire carboidrati a basso carico glicemico: pensare di sostituire carboidrati raffinati (bianchi) con alternative a basso carico glicemico, poiché questi ultimi rilasciano energia in modo graduale e ci tengono sazi più a lungo.
    Meglio assumere la maggior parte dei carboidrati necessari sotto forma di cereali integrali in chicco come orzo, farro, riso integrale o pseudo-cereali come quinoa o grano saraceno.
    Non ci pensiamo spesso, ma anche verdura e legumi rappresentano una buona fonte di carboidrati a lento rilascio: Preferiamo frutta a basso impatto glicemico come frutti di bosco, kiwi o altra frutta di stagione in porzioni moderate.
    Evitiamo se possibile il consumo di cibi ultra-processati, ricchi di zuccheri e grassi saturi, tendono ad avere una densità calorica elevata e a creare dipendenza stimolando il desiderio di mangiare di più.

  4. Sì ai grassi buoni: i grassi hanno un elevato potere saziante e sono in grado di ritardare lo svuotamento gastrico e di influenzare e ridurre la risposta glicemica del pasto. È importante sceglierli di buona qualità, evitando quelli idrogenati e gli oli vegetali raffinati.
    Diamo la precedenza ad avocado, frutta secca oleosa, olio extravergine e a pesci grassi (non allevati) come salmone e sgombro.

  5. Masticare lentamente e mangiare con consapevolezza: mangiare lentamente permette al corpo di riconoscere il senso di sazietà e di fermarsi prima di aver mangiato troppo. Praticare la consapevolezza alimentare (mindful eating), prestando attenzione a ogni boccone e ascoltando i segnali di sazietà, può aiutare a sentirsi più soddisfatti con meno cibo.

  6. Idratarsi adeguatamente: spesso i segnali di fame e sete possono essere confusi. Bere acqua o inserire una zuppa leggera prima dei pasti può riempire lo stomaco, riducendo l’appetito e, conseguentemente, l’assunzione eccessiva di cibo.

  7. Tanto volume, poche calorie: componiamo i nostri pasti in modo furbo, aggiungendo alimenti voluminosi come verdure cotte e crude al giusto apporto di grassi, carboidrati e proteine. Componiamo sfiziose bowls voluminose e nutrienti ma leggere, che ci aiutino a saziarci senza eccedere con le calorie.  

  8. Cura sonno e movimento: la mancanza di sonno può influire negativamente sugli ormoni che regolano la fame, come la grelina (che aumenta l’appetito) e la leptina (che segnala sazietà). Dormire almeno 7-9 ore a notte può contribuire a migliorare il controllo dell’appetito.
    Dulcis in fundo, ma non per minor importanza, ricordiamo che l’esercizio fisico può aiutarci migliorando (tra le altre cose) la sensibilità all’insulina. Muoverci in maniera regolare con un misto di attività aerobiche e contro resistenza è un modo per prenderci cura di noi stessi nel quotidiano e può aiutarci a sentirci più in equilibrio, riducendo gli attacchi di fame nervosa e il desiderio incontrollato di cibo.

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